Le novità dell’Istituto
In Evidenza
Giornate Nazionali dei Castelli:
la XXV edizione si svolge sabato 11 e domenica 12 maggio 2024
25 siti: 10 castelli, 4 forti, 1 torre, 1 casaforte, 8 tra città e borghi, 1 arcipelago
Grandi città e piccoli centri animati da visite guidate gratuite, attività e trekking culturali, itinerari speciali a nord, al centro, a sud della penisola – isole comprese.
Le architetture protagoniste raccontate in diversi stati di conservazione, fruizione, destinazione e valorizzazione
Nel 2024 la Onlus Istituto Italiano Castelli compie 60 anni, online e gratuito l’Atlante Castellano
L’Istituto Italiano Castelli, Onlus a carattere scientifico fondata da Piero Gazzola nel 1964, annuncia le date e le 25 destinazioni della XXV edizione delle Giornate Nazionali dei Castelli. Nel weekend dell’11 e 12 maggio 2024, visite guidate gratuite, conferenze, concerti, mostre, presentazioni di tesi di laurea e libri in 10 castelli, 1 torre, 1 casaforte, 8 tra città e borghi, 1 arcipelago, 4 forti che hanno trovato una nuova vita.
In questa venticinquesima edizione, aperti per la prima volta alle visite del pubblico due siti: il Bastione di Santa Maria all’interno dello splendido borgo e fortezza medicea di Terra del Sole (Emilia Romagna) e un forte nel sistema difensivo del Nord Sardegna. Numerose le architetture fortificate di cui si illustrano i recenti restauri.
Online sul nuovo sito della onlus https://www.istitutoitalianocastelli.it itinerari culturali appositamente ideati dagli studiosi della onlus e ulteriori architetture fortificate che completeranno il già ricchissimo parterre di visite guidate oltre ad aperture straordinarie prima e dopo il weekend deputato alle Giornate Nazionali dei Castelli 2024.
Tutto l’anno i follower che seguono online i canali social nazionali e regionali di IIC, apprendono delle tante iniziative (tra corsi, viaggi e conferenze) e di nuove idee di visita grazie alla seguita rubrica ‘un castello al giorno’ che permette di programmare quale castello scoprire in autonomia sia in Italia che all’estero in ogni momento.
Il 2024 reca un anniversario speciale per questa iniziativa corale che unisce il paese senza distinzione tra grandi attrattori culturali turistici e territori meno noti: la Onlus compie 60 anni di attività e la speciale ricorrenza darà vita ad un altro calendario di eventi in tutte le regioni italiane dove l’Istituto ha una sede sin dalla sua nascita.
Le Giornate Nazionali dei Castelli offrono visite ideate ed organizzate dai volontari da nord a sud della penisola, isole comprese – per rilanciare lo studio, il valore ed il riutilizzo delle architetture fortificate italiane in ogni stato di conservazione che ogni anno, da 25 edizioni, conquista sempre più appassionati e turisti, studiosi e studenti che possono contestualizzare le architetture e la loro storia nel paesaggio e nella comunità territoriale a cui appartengono da secoli e per la quale potrebbero essere volano di una seconda opportunità di rilancio.
‘L’anno scorso siamo tornati ad offrire agli italiani ed ai turisti le Giornate Nazionali dei Castelli nella tradizionale data di maggio.
Abbiamo pensato di espandere le visite con siti collaterali e numerosi itinerari turistici a piedi che famiglie e turisti hanno molto gradito negli anni precedenti e riconfermato nuovamente di gradire.’ afferma l’imprenditrice siciliana Michaela Marullo Stagno D’Alcontres, presidente della Onlus organizzatrice.
‘Abbiamo inoltre, con grandissimo sforzo di tutti i nostri volontari, riaperto gli stessi siti ed altri in una seconda data delle Giornate a settembre, in concomitanza con le Giornate Europee del Patrimonio che ci ha concesso di raddoppiare il numero di visitatori in ogni sede interessata. Anche quest’anno raddoppieremo la data, sempre fiduciosi di poter contare, per la buona riuscita delle Giornate, sulla collaborazione delle amministrazioni locali, delle università, delle soprintendenze, dei mezzi di comunicazione e di tutte le associazioni con le quali abbiamo accordi nazionali tra cui l’ASI, l’UNPLI e molte altre.’
‘Quest’anno ricorre per noi un appuntamento importante oltre al venticinquesimo anniversario delle Giornate: l’Istituto Italiano dei Castelli, fondato a Milano da Piero Gazzola nel 1964, compie 60 anni di attività. Lo stesso anno, lo studioso e sovrintendente italiano scrisse la Carta Internazionale del Restauro dei Monumenti, nota anche come Carta di Venezia, di cui ricorre del pari l’anniversario. Le celebrazioni per festeggiare il 60mo anniversario dell’Istituto saranno a cura delle singole sezioni regionali e si organizzeranno in coincidenza con le Giornate Nazionali. Ad ottobre, a Roma, un convegno nazionale ospitato alla Sala Spadolini del MIC vedrà la partecipazione delle istituzioni nazionali; il giorno successivo un seminario di studi , a Castel Sant’Angelo, opererà una sintesi del lavoro svolto dalla sezioni per progettare azioni future condivise.
Il nostro sodalizio è stato il primo in Italia e tra i primi in Europa ad occuparsi dello studio, della salvaguardia e del riuso delle architetture fortificate: continua ancora nella sua missione originaria, con particolare attenzione alle giovani generazioni.
La nostra Onlus è presente in 19 regioni italiane che tutto l’anno danno vita ad un fitto calendario di appuntamenti culturali destinato ai soci ed ai non soci: convegni scientifici e di aggiornamento professionale, conversazioni, viaggi di studio, mostre, presentazione di libri e pubblicazioni, corsi e approfondimenti sulle architetture fortificate. Contribuire alla vita associativa del nostro istituto si traduce in maggior tutela per il nostro patrimonio culturale, spesso trascurato.’
I castelli italiani sono un tesoro composto di storia, di geografie sociali, di gesta di donne e uomini che nei secoli hanno animato, popolato e guidato territori, economie, grazie alla cultura del saper fare italiano. Salvaguardare i castelli non è solo materia di architettura, restauro, filologia ed alto artigianato ma un coacervo di azioni che riportano in luce siti spesso dimenticati ma legati indissolubilmente a città e borghi, vallate e belvederi. Un progetto adeguato di valorizzazione del patrimonio castellano consentirà alle generazioni future di ritrovare i segni tangibili della storia. Inoltre, il turismo castellano sarebbe capace di muovere grandi interessi e di risvegliare anche le aree più interne delle nostre regioni rivalutando l’economia e le risorse locali.
‘Il nostro impegno nello studio, nel censimento e nella salvaguardia di forti, torri, bastioni e cinte murarie, di piccoli e grandi castelli in ogni stato di conservazione si protende soprattutto verso i giovani. Ne sono testimonianza le tante iniziative dell’Istituto per facilitare la loro partecipazione attiva, a cominciare dalla fondazione delle locali sezioni ‘Giovani’ in tutte le regioni italiane; i concorsi fotografici per le scuole secondarie; i premi di laurea che da oltre 20 edizioni confermano una borsa di studio in denaro e la pubblicazione dell’elaborato, primo passo importante per una futura attività di ricerca scientifica. E da ultimo, la pubblicazione online, georeferenziata e open source dell’Atlante Castellano, il censimento in itinere a cura del nostro Consiglio Scientifico.
Le Giornate Nazionali dei Castelli che quest’anno sono giunte alla XXV edizione, sono sicuramente uno strumento indispensabile e di grandissima potenzialità per la crescita dell’associazione. Lo stesso dicasi per le attività scientifiche, per le varie pubblicazioni, tra cui le riviste Castellum e Cronache Castellane, la collana editoriale Castella.’ conclude la Presidente Stagno d’Alcontres.
L’Abruzzo, una delle regioni più ricche di architetture fortificate d’Italia, celebra ancora Vasto con una passeggiata guidata per l’intera giornata di domenica 12 maggio, alla scoperta del centro storico e della sua storia, tra permanenze e trasformazioni.
L’attuale configurazione urbanistica è il risultato di una continua riedificazione e stratificazione della città sulle rovine dell’antico municipium romano di Histonium, di cui sono ancora visibili le testimonianze archeologiche più remote e sulle quali ciascun periodo storico ha lasciato tracce visibili. Ad esse si legano le principali vicende storiche, urbanistiche e culturali della città medioevale e moderna.
Partendo dal cuore della città, piazza Rossetti, sviluppatasi sui resti dell’anfiteatro-naumachia del II secolo d.C., l’itinerario ripercorre il tracciato della cinta muraria cittadina, in parte stravolta nel XX secolo con l’aggiunta di abitazioni e demolizioni per lasciare spazio all’espansione Novecentesca dell’abitato. Durante la visita saranno illustrati i tratti superstiti della cinta muraria medioevale e le loro principali funzioni: il Castello Caldoresco, la Torre di Bassano, Porta Catena, la Torre di Diomede e quella di Santo Spirito, Porta Nuova e le architetture più rappresentative in essa racchiuse: passando per la celebre Loggia Ambligh, la Chiesa di Santa Maria Maggiore (XI sec.), con possibilità di osservare la parte più antica della città dall’alto del suo campanile, il Duomo di San Giuseppe e la Chiesa di Maria Santissima del Carmine. Dopo pranzo, la visita prevede l’ingresso a Palazzo d’Avalos ed al suo settecentesco giardino napoletano, il cui impianto originale rispecchia appieno lo stile barocco predominante nelle residenze nobiliari italiane. Attraverso una speciale passeggiata archeologica su via Adriatica che include i resti della chiesa di San Pietro, si raggiungerà il complesso termale dell’antica Histonium, il più esteso su tutta la fascia costiera adriatica dell’Italia centro-meridionale in cui sono visibili raffinati mosaici con decorazioni geometriche che si succedono a motivi marini, con raffigurazioni mitologiche di delfini e mostri dalla testa di cane o di cavallo a coda di pesce.
La Basilicata apre alle visite guidate sia sabato 11 che domenica 12 maggio il castello Tramontano (Matera). Di stile aragonese e inerpicato sulla collina di Lapilli che sovrasta la città, sarà anche sede di un convegno aperto al pubblico che celebra i 60 anni dell’Istituto. Rimasto incompiuto per una congiura popolare ai danni del feudatario da cui prese il nome, il castello è oggetto di restauro con i proventi del Gioco del Lotto dal 2008.
Il Castello Tramontano di Matera è strettamente legato alle vicende del conte Giancarlo Tramontano, ambizioso e per certi versi spregiudicato uomo d’affari di origini campane, tanto abile da conseguire diversi e importanti uffici del Regno di Napoli fino a diventare un affermato barone e, successivamente, conte di Matera, città acquisita insieme al titolo comitale nell’ultimo decennio del XV secolo anche grazie alla vicinanza di Tramontano alla corona aragonese. Proprio quando il predominio spagnolo sui francesi nel Regno di Napoli fu consolidato, il conte avviò l’edificazione del nuovo castello a Matera. I rapporti con i materani non furono mai idilliaci, anche a causa di una politica fiscale ritenuta vessatoria dai cittadini, tanto da portare alcuni studiosi a definire il Castello Tramontano una fortificazione contro la città piuttosto che per essa. Il sito prescelto, la collina di Lapillo, è non a caso esterno rispetto alla Civita e, dunque, al centro cittadino e al polo religioso della cattedrale e dell’annesso palazzo arcivescovile; tale scelta dovette apparire una dichiarazione d’intenti, dal momento che l’antica fortezza della città, il Castelvecchio, era diruta già da diversi decenni e, pur essendo stata parzialmente occupata, la sua area si sarebbe prestata alla realizzazione di un nuovo maniero decisamente più vicino al centro della città. I lavori di realizzazione del Castello Tramontano ebbero inizio fra il 1501 e il 1503, molto probabilmente sotto la direzione di Antonio Marchesi, già collaboratore di Francesco di Giorgio Martini negli anni in cui quest’ultimo fu dapprima consulente e successivamente direttore delle regie opere del Regno di Napoli per conto di Alfonso e Federico d’Aragona. L’impianto materano è stato spesso associato ad alcuni studi martiniani per le fortificazioni, in particolare al disegno del foglio 73r dell’Opusculum de Architectura che mostra un complesso sistema di torrioni circolari e bastioni semicircolari in parte connessi con un nucleo interno, anch’esso della stessa forma. Tale struttura recepiva gli avanzamenti in tema di architettura militare: le fortificazioni, infatti, avrebbero avuto muri relativamente più bassi e molto più spessi per resistere ai colpi delle bombarde. Tuttavia, le artiglierie campali utilizzate dai francesi già sul finire del Quattrocento misero in luce l’inadeguatezza di strutture così ampie e, proprio per questo, facilmente attaccabili. Il Castello Tramontano, d’altronde, rappresenta una sintesi architettonica fra modelli differenti di fortificazioni e propone soluzioni insieme vecchie e nuove nella risposta agli attacchi militari. Esso si erge ancora oggi imponente sulla città, più bassa e poco distante, ma mostra chiaramente il suo status di grande incompiuto: il conte Tramontano fu infatti assassinato dai materani nel dicembre del 1514.
La Calabria celebra Vibo Valentia, il cui castello si presenta restaurato. Il convegno per celebrare i 60 anni dell’Istituto Italiano Castelli sui temi della valorizzazione e del futuro delle architetture fortificate si svolge sabato 11 maggio dalle 10 alle 17 con la partecipazione di studiosi, delle istituzioni nazionali, regionali e cittadine mentre domenica 12 maggio si svolgono le visite guidate al Castello.
Il castello sorge dove in età greca era probabilmente ubicata l’Acropoli di Hipponion, che forse si estendeva anche sulla collina dirimpetto. La prima fase di costruzione della fortificazione risale al periodo Svevo. Nel 1240 Matteo Marcofaba, segretario di Federico II, fu incaricato di fondare la città di Monteleone su terreni di proprietà dell’abbazia della SS. Trinità di Mileto e nel 1255 è attestata per la prima volta nelle fonti l’esistenza del castello. La fortificazione fu modificata in età angioina, a partire dalla seconda metà del XIII sec., con l’incremento di ambienti, l’addizione di torri circolari e la modifica dell’ingresso principale spostato sul fronte nord ovest. I Pignatelli, ai primi del Cinquecento (1509), furono autorizzati ad operarvi modifiche e pertanto il castello perse quasi del tutto la funzione militare, assumendo invece quella di abitazione nobiliare. Il sisma del 1783 procurò danni rilevanti alla fortificazione, distruggendo quasi completamente l’ala sud est., che fu parzialmente ricostruita nei primi decenni del XIX secolo. Dopo un abbandono secolare, negli anni Settanta dello scorso secolo ne fu avviato il restauro. Il castello conserva intatta la torre a cuneo di età sveva, le torri cilindriche e l’ingresso principale di età angioina. È oggi sede del Museo Archeologico Nazionale.
Il Cilento (Salerno) è protagonista delle Giornate di maggio: Camerota, con il suo castello, il borgo murato e le numerose torri vicereali è stato prescelto in Campania dal consiglio direttivo regionale come sede dell’evento principale.
Il castello è uno degli edifici storici più importanti di Camerota (il paese ha anche una frazione marina dove vi è un altro castello). In origine una fortificazione, domina il centro storico di Camerota, un borgo medievale con edifici storici adibiti a funzioni culturali come il Museo della Civiltà Contadina e dell’Artigianato, la Cappella di Piedigrotta e l‘anfiteatro Kamaraton, costruito esclusivamente con fossili in selice. Il castello di Camerota è caratterizzato da un’alta torre a base quadrata di origini normanne (XI –XII secolo), con ampliamenti successivi fino agli inizi del XVI secolo. Nel luglio 1552 una potente flotta turca capitanata da Rais Dragut assalì il borgo fortificato con il castello, che venne gravemente danneggiato. Molti abitanti furono fatti prigionieri e tradotti in schiavitù.
Contemporaneamente ad Avella (provincia di Avellino) sabato 11 maggio visita guidata al castello con conferenza, mentre domenica 12 maggio nel poco distante Castel Cicala (Nola, Napoli) si terrà analogamente una visita guidata e la presentazione della tesi di laurea tra le vincitrici dell’ultima edizione del Premio promosso annualmente dall’Istituto Italiano dei Castelli e dedicata al recupero ed alla valorizzazione del sito fortificato.
Maggio è sinonimo di castelli in questa regione e numerosi sono gli appuntamenti in tutti i weekend del mese oltre a quelli delle Giornate Nazionali, coinvolgendo i siti di Carinola (CE), Rocca dei Rettori (BN), Lettere (NA) recentemente restaurato, i sentieri di Pimonte. Nel primo weekend saranno altresì organizzate delle visite speciali a Castel Capuano e Castel S. Elmo a Napoli.
In Emilia Romagna aperto alle visite e alle attività delle Giornate il borgo fortificato di Terra del Sole: una città-fortezza medicea oggi parte integrante del comune di Castrocaro Terme e Terra del Sole, situata a meno di 10 km da Forlì.
Nella ricorrenza dei 460 anni dalla fondazione della città Fortezza e nell’anniversario dei 450 anni della morte del Granduca Cosimo I de Medici che la ideò, la sezione Emilia Romagna dell’Istituto Italiano Castelli apre per la prima volta al pubblico il bastione di Santa Maria di proprietà comunale.
I volontari della sezione Emilia Romagna accompagneranno nell’intera giornata di domenica 12 maggio i visitatori alla scoperta della fortificazione mai aperta al pubblico, dove sarà possibile comprendere il funzionamento del sistema difensivo di una fortezza cinquecentesca visitando l’eccezionale sistema su due livelli sovrapposti di camere di manovra delle armi da fuoco.
Le visite saranno accompagnate dal racconto degli studenti universitari che spiegheranno il bastione oggetto della loro tesi, vincitrice del premio nazionale alle tesi di laurea in architettura, restauro e altre discipline promosso dall’Istituto lo scorso anno. I visitatori potranno scoprire anche la storia e le bellezze della città fortezza grazie alle guide locali coordinate dall’ufficio turistico del Comune.
Il pomeriggio di sabato 11 maggio offre al pubblico un ricco programma culturale che include una conferenza ad ingresso libero al Palazzo Pretorio di Terra del Sole, alle 17, con la partecipazione delle istituzioni del territorio e della soprintendenza e la presentazione al pubblico della tesi vincitrice il premio di laurea 2023 dell’Istituto dedicata al bastione di Santa Maria. Ad essa segue un aperitivo all’interno del Giardino del Castello del Capitano delle Artiglierie, dimora storica privata all’interno del Borgo di Terra del Sole, ricavato sul bastione di Sant’Andrea. Un concerto di musica sinfonica all’interno della chiesa parrocchiale di Terra del Sole chiude la giornata.
La città fortezza di Terra del Sole, costruita da Cosimo I de’ Medici come nuovo centro politico e militare della Romagna toscana, può essere considerato come un vero e proprio unicum nel suo genere, un episodio urbanistico e architettonico senza eguali in Romagna. Non solo Terra del Sole può essere considerata come una città di fondazione figlia dell’ideologia e del pensiero rinascimentale ma allo stesso tempo viene concepita come una perfetta macchina difensiva, collocata sulle prime colline forlivesi, a tutela dei territori del Granducato, che si estendevano in Romagna per tutta la Valle del Montone e le vallate adiacenti. La rocca conserva, tutt’oggi minacciati dall’azione del tempo, nascosti da un’abbondante vegetazione e da nuove costruzioni, le mura, i bastioni, i castelli e i palazzi a testimonianza del passato illustre vissuto dal fortilizio mediceo. La costruzione della città-fortezza in prossimità di Castrocaro non fu solamente dettata da ragioni strategiche e militari, ma anche quasi certamente politiche.
In occasione delle Giornate Nazionali dei Castelli, i volontari dell’Istituto Italiano Castelli invitano il pubblico a compiere in autonomia un itinerario culturale e paesaggistico più esteso per estendere la loro permanenza l’intero weekend.
Nel cuore della Romagna, sulla strada statale che congiunge Ravenna a Firenze, sorge Castrocaro Terme, l’antica Salsubium dei Romani, nota per la ricchezza delle sue acque salse, prese nel Medioevo il nome di Castrocaro, derivato forse da Kaster Kar (in lingua celtica, ‘sperone roccioso’), o forse da Castrum Cari (cioè ‘accampamento di Caro’ o ‘di Carino’, imperatori Romani del III secolo). Da visitare è il borgo medievale, con interessanti edifici medievali e rinascimentali. Spicca il quattrocentesco Palazzo dei Commissari, la dimora dei Capitani di giustizia inviati dai Fiorentini nel periodo in cui Castrocaro fu capoluogo della Romagna Toscana; la Fortezza (sec. X-XVI) che domina il paese (visitabile con Museo ed Enoteca), dove si svolgono feste medievali ed esibizioni di falconeria, la Torre Campanaria detta “e Campanon’, il Battistero di San Giovanni alla Murata ai piedi della Fortezza, il Padiglione delle Feste in puro stile ‘art decò’ con pregevoli decorazioni di Tito Chini ed il Grand Hotel delle Terme del Piacentini nel parco delle terme, esempi di architettura del Ventennio; infine il parco fluviale che costeggia il fiume Montone.
Di eguale interesse anche Montepoggiolo e la sua rocca. Nata probabilmente come torre di vedetta della cittadella di Castrocaro, i primi documenti storici che riportano indirettamente informazioni su questa rocca portano la data del 906 e citano un tal «conte Berengario del castello di Montepoggiolo» Dalla rocca di Montepoggiolo si scopriva “la pianura della Romagna papale da Faenza fino a Ravenna, e l’Adriatico, di modo che non è possibile far passare fra queste mura e la Terra del Sole di giorno alcun corpo considerabile senza esserne avvisati”. La Rocca, costruita in mattoni, si presenta tuttora con una pianta quadrilatera irregolare ed è visitabile dal suo esterno dopo un breve tragitto a piedi.
In Friuli Venezia Giulia protagonista sabato 11 maggio la Casaforte Nussi Deciani Zamò a Case di Manzano (Udine), un complesso del XV-XVI secolo realizzato su preesistenze e circondato da un muro di cinta.
La casaforte è composta da edifici rustici posti al margine del cortile, tra i quali un palazzo a pianta rettangolare posto a nord-est con all’interno decorazioni in cotto riconducibili al XV secolo. In epoca medievale venne aggiunta una torre d’avvistamento. Oggi il compresso è adibito a residenza privata e bed and breakfast. Ospita eventi culturali e fa parte del Consorzio per la Salvaguardia dei Castelli Storici del Friuli Venezia Giulia. L’evento organizzato a Casaforte Nussi Deciani Zamò è il primo di tre incontri di approfondimento sul tema degli insediamenti rurali fortificati che verranno organizzati dalla sezione Friuli Venezia Giulia dell’Istituto Italiano Castelli nel corso dell’anno.
Le vicende storiche e il restauro, curato tra il 1999 e il 2008 dall’architetto Toni Cester Toso, storica socia della sezione regionale dell’Istituto Italiano Castelli Onlus, saranno l’occasione per ricordare la cura e l’attenzione rivolta alle architetture fortificate da parte di alcuni soci della sezione nel corso dei 60 anni dalla fondazione dell’Istituto.
La visita guidata sarà preceduta dalla presentazione del libro Toni Cester Toso La storia di una professionista, a cura di Liliana Cargnelutti e Mariagrazia Santoro. Le autrici ed i proprietari della casaforte ripercorreranno le vicende dell’incontro con l’architetto e le fasi del restauro di un luogo affascinante, dove diversi edifici costituiscono un unicum caratterizzato da una grande armonia nel paesaggio.
Il Castello di Sermoneta (Latina) è protagonista delle Giornate in Lazio.
Aperto a visite guidate gratuite sia sabato 11 sia domenica 12 maggio, il castello risale al XIII quando gli Annibaldi costruirono un’imponente rocca. Nel 1297 Sermoneta e il suo castello passarono a Pietro II Caetani, Conte di Caserta, che avviò lavori di ampliamento e rafforzamento. Importanti lavori vennero eseguiti sul finire del Quattrocento, per volontà di Onorato III Caetani, che fece realizzare, tra l’altro le cosiddette “Camere Pinte”, stanze affrescate da artista ignoto, probabilmente appartenente alla Scuola del Pinturicchio.
Nel 1499 Alessandro VI Borgia sottrasse il castello ai Caetani, cui fu poi restituito nel 1504 da Giulio II. Nel Seicento iniziò il lento abbandono del castello che aveva perduto la sua rilevanza strategica. Soltanto a partire dalle fine dell’Ottocento i Caetani tornarono ad occuparsene avviando imponenti lavori di restauro.
I soci dell’Istituto Italiano Castelli Liguria offrono una visita guidata sostenibile con trasporto collettivo a due borghi liguri: la mattina a Finale ed il pomeriggio a Noli. Le visite si svolgeranno a piedi ed in caso di maltempo l’evento viene rinviato a data da destinarsi.
Finale, la cui prima testimonianza scritta risale al 916, è sulla costa della Riviera Ligure di Ponente fra i promontori di Caprazoppa a ovest, e di Capo Noli a est. L’abitato è attraversato da tre torrenti: il Pora, lo Sciusa e l’Aquila.
La struttura urbanistica di Finale Ligure si articola in tre nuclei principali, fino al 1927 comuni distinti: Finalmarina, la zona di più recente urbanizzazione grazie al turismo, Finalpia sita sulla costa che conserva la struttura originaria della città e Finalborgo, il capoluogo dello storico Marchesato del Finale circondato dalle antiche mura quattrocentesche e sovrastato dai castelli Govone e San Giovanni.
Chiuso tra mura medievali ancora ben conservate, intervallate da torri semicircolari e interrotte solo in corrispondenza delle porte, il Borgo di Finale Ligure offre subito al visitatore una sensazione di protezione e raccoglimento.
Noli è situato in un’insenatura chiusa a est dall’Isola di Bergeggi e a sud-ovest dal capo dallo stesso nome alla foce del torrente Luminella.
Questa località è un centro rinomato per il suo suggestivo antico borgo marinaro, con strette viuzze, i tipici caruggi. Quello nolese è rimasto uno dei pochi borghi costieri ad avere ancora oggi pescatori locali che ogni notte escono in mare con le loro piccole barche a motore e tornano la mattina con il pescato freschissimo. Oggi Noli è un’importante stazione balneare della Riviera di Ponente, con bellissime spiagge con sabbia bianca. Inoltre, il mare di Noli è particolarmente adatto per le immersioni. I fondali, che superano i 35 metri di profondità sono ricchi di pesci, cavallucci marini, calamari, rane pescatrici e piccole aragoste. La limpidezza dell’acqua permette anche riprese subacquee.
In Lombardia visite e programmi vertono sul centralissimo Castello Sforzesco (Milano).
Sabato 11 maggio l’Istituto offrirà un incontro di studio aperto al pubblico sul fortilizio milanese (Il Castello Sforzesco e Milano. Luca Beltrami: il restauro del castello di Milano come atto politico) e una mostra sulle figure che hanno segnato la storia della Sezione Lombardia dell’Istituto Italiano dei Castelli ospitati all’ Auditorium della Fondazione AEM, mentre domenica 12 maggio tre turni di visite guidate gratuite saranno condotte dai volontari della onlus al castello.
Nel 1991, per l’ottimo riutilizzo e l’accurata manutenzione, l’Istituto Italiano dei Castelli ha conferito al Castello Sforzesco la targa di segnalazione. A partire dalla fondazione dell’Istituto, molte sono state le attività di studio, ricerca e divulgazione scientifica proposte dalla Sezione Lombardia sul castello e nel castello stesso, le Giornate Nazionali dei Castelli che coincidono con la celebrazione del sessantesimo anno di attività della Onlus sono dunque l’occasione per ricordare questo importante connubio e gli studiosi che lo hanno promosso nel tempo.
Un tranquillo asilo di arte e di memorie cittadine così l’architetto Luca Beltrami nel 1912 chiudeva il resoconto dei decennali lavori che avevano trasformato il Castello Sforzesco, l’invisa fortezza, in un luogo privilegiato, sede delle raccolte museali e delle biblioteche specialistiche di Milano.
La fisionomia dell’imponente edificio era stata rispettata nei volumi dei sotterranei e degli ambienti come degli spazi aperti; il restauro aveva accentuato i caratteri castellani con la ricostruzione degli spalti e, sulla fronte principale, l’innalzamento di una torre a memoria di quella eretta dall’architetto principe della prima età degli Sforza, Antonio Averulino detto il Filarete.
Le fasi salienti della storia del Castello Sforzesco sono individuabili nella fondazione di età Viscontea, a cavallo della cinta muraria medioevale, nella celebre dimora rinascimentale che accolse le sperimentazioni pittoriche di Leonardo da Vinci e nella fortezza dei regnanti spagnoli e austriaci.
Non più periferico, ma inglobato ormai in una metropoli, in questi anni il Castello Sforzesco è al centro di flussi di visitatori, di addetti ai lavori, di studiosi; è tuttora oggetto di nuove indagini dedicate alla struttura architettonica, unica e straordinaria testimonianza emergente nella città di Milano.
I soci volontari della sezione Marche dell’Istituto Italiano Castelli rendono protagonista sia sabato 11 che domenica 12 maggio un altro borgo straordinario, quello di Sassocorvaro (PU) con la sua ben conservata rocca. Seguirà nel pomeriggio una visita guidata al borgo fortificato di Frontino e di seguito all’adiacente antico monastero di Montefiorentino.
Domenica 12 maggio il magnifico piccolo teatro della Rocca di Sassocorvaro ospita Da Sassocorvaro e Francesco di Giorgio a Piero Gazzola. Il restauro architettonico oggi: studi, ricerche ed esperienze nelle Marche, convegno scientifico organizzato in occasione del sessantesimo anniversario dell’Istituto Italiano dei Castelli.
In occasione delle Giornate, la rocca sarà ad ingresso gratuito per i partecipanti alle Giornate e in entrambi i giorni è possibile anticipare e posticipare gli orari di visita.
Realizzata da Francesco di Giorgio Martini intorno al 1475 per volontà del Duca Federico di Montefeltro, la Rocca di Sassocorvaro è un tassello importante dell’imponente sistema difensivo a protezione di Urbino, capitale del Montefeltro, tanto da essere considerata “una delle opere più straordinarie e fondamentali del Rinascimento”. Siamo nel così detto “Periodo di transizione”, in cui si passa dall’arma bianca all’arma da fuoco, la bombarda, la “Diabolica invenzione”. I castelli medievali, ormai obsoleti e inadatti a resistere alla forza d’urto delle nuove armi, vengono un po’ alla volta soppiantati da rocche e fortificazioni, costruite per reggere più efficacemente l’impatto delle armi da fuoco.
La Rocca di Sassocorvaro è ben altro dallo straordinario maniero di guerra. Sassocorvaro apparteneva (dal 1474) al conte Ottaviano Ubaldini, fratello di Federico, suo “Alter ego” “colui che el stato quasi sempre governava”, uomo di straordinaria cultura e sapienza, amico delle Muse, principe italiano dell’astrologia e grande esperto di alchimia e di esoterismo. Ottaviano ha voluto che l’edificio fosse rappresentativo di quella sintesi (diarchia) che andava realizzando al fianco di Federico nella conduzione del ducato. Questa volontà emerge già dalla scelta della pianta della Rocca che ha la forma di tartaruga e rappresenta, con il guscio, l’impenetrabilità, come voleva Federico, ma con l’interno del guscio stesso, con l’animale vivo, esalta l’uomo pensante. Si vuole intendere cioè che l’edificio va visto come luogo dove esercitare il pensiero, dove acquisire “virtude e conoscenza”. La costruzione è una specie di “Libro di pietra” che racconta, attraverso simboli, il messaggio lasciatoci da Ottaviano, come si percepisce chiaramente osservando le forme e gli spazi molto particolari, lontani dalle tipologie delle strutture militari e molto più vicine a quelle di un palazzo e, perché no, di un “convento”. Pertanto la Rocca va vista come “Arx e Domus, elementi eterogenei fusi in una sola costruzione governata da una superiore armonia”. Il grande merito di F. di Giorgio Martini è quello di aver saputo fondere le richieste di Federico e quelle di Ottaviano, così diverse, opposte e complementari tra loro realizzando un complesso caratterizzato da una “armonia superiore”, che non ha uguali, “unico nel suo genere”.
Nel corso della seconda guerra mondiale, la Rocca di Sassocorvaro è stata scelta dal soprintendente Pasquale Rotondi come “arca dell’arte” ovvero rifugio di una parte significativa del patrimonio artistico italiano (circa 10.000 pezzi), per “la più grande concentrazione di opere d’arte mai realizzata in Italia in tempo di guerra” oggetto della mostra tenutasi alle scuderie del Quirinale nel 2023.
Le Giornate Nazionali dei Castelli in Molise offrono visite guidate, convegni e concerti.
Sabato 11 maggio, all’interno delle mura di un castello molisano, si terrà un concerto a cura del Conservatorio “Lorenzo Perosi” di Campobasso.
Domenica 12 maggio la mattina il convegno aperto al pubblico ‘Giovanna I Regina di Napoli e i Castelli angioini in Molise’ precede la visita della Torre angioina di Colletorto (Campobasso); il pomeriggio visita al Borgo fortificato di Montorio nei Frentani nella stessa provincia a cui segue la visita alla chiesa madre per ammirare l’”Annunciazione” cinquecentesca di Teodoro D’Errico.
L’antica Collis Tortus, come risulta dai registri angioini del 1273 insieme con il suo primo feudatario, Guglielmo d’Anglona, era un borgo murato con andamento urbanistico circolare. La difesa dell’abitato col torrione cilindrico fu opera angioina, così come ipotizza il Tria, realizzata al tempo della Regina Giovanna I d’Angiò, il cui regno iniziò nel 1343 e terminò nel 1382.
La torre fu edificata su una parte dell’area occupata in precedenza da un vecchio impianto fortificato normanno, del quale rimane il tracciato quadrato del perimetro murario all’interno della torre. Il complesso normanno comprendeva mura e castello, sui cui ruderi, nel 1700 fu costruito il palazzo dei Marchesi Rota, restaurato nella seconda metà del 1900 e utilizzato attualmente come sede municipale.
La Torre di Colletorto è situata nella parte sud-est dell’abitato, di fronte alla chiesa di S. Giovanni Battista. La sua posizione consentiva il controllo del territorio caratterizzato dall’ampia vallata del fiume Fortore, un tempo solcata dalla transumanza che avveniva sull’importante percorso tratturale Celano-Foggia.
Alla torre si accede attraverso una scalinata esterna che parte dalla piazza antistante. La struttura architettonica, di forma cilindrica perfetta priva di evidente rastrematura, s’innalza per ben 25 metri d’altezza. La torre di Colletorto è una delle poche del genere nel Molise (vanno ricordate quelle di Roccapipirozzi e di Campochiaro) mentre torrioni svevo-angioini cilindrici simili sono presenti più numerosi in Puglia e in Abruzzo.
I primi feudatari di Montorio che la storia ricordi, siamo nel 1167, furono Vitus Avalerius e Henricus de Ceria, ognuno dei quali possedeva la metà del feudo. Non è ancora chiarita la doppia natura del possesso anche se si può ipotizzare che l’uno avesse sotto la propria giurisdizione la rocca e l’altro la terra murata.
Successivamente, in epoca angioina, il feudo passò ai Molisio fino al matrimonio di Tommasella, primogenita di Guglielmo, con Riccardo Monforte di Gambatesa dal quale ebbe Carlo che durante la sua reggenza riuscì a riunire il feudo.
Il borgo fortificato di Montorio è caratterizzato da due agglomerati urbani ben distinti e facilmente individuabili. Si tratta più precisamente dell’espressione architettonica derivata da due fasi di sviluppo che hanno segnato il centro frentano.
Lungo la cortina muraria correva la strada principale detta Capo di vaglia (oggi Via Garibaldi), luogo questo, dove si impiantarono, secondo la tradizione, a metà del XV secolo le famiglie greco-epirote scampate alle persecuzioni ottomane.
Uno dei capolavori della storia dell’arte europea si trova a Montorio nei Frentani. E’ un’Annunciazione dipinta su tavola da Teodoro D’Errico poco prima del 1580.
L’opera è sempre stata nel paese, ma gli abitanti ignoravano il suo elevato valore; grazie all’aiuto dell’architetto Franco Valente, presidente della locale sezione dell’Istituto Italiano, il dipinto è stato rivalutato e fu selezionato per l’Expo 2015 di Milano, protagonista insieme ad altre opere d’arte italiane.
In Piemonte sia sabato 11 che domenica 12 maggio è aperto alle visite guidate il castello di Volpiano di proprietà privata, la cui prima pietra risale al XIV secolo. Sorge su una formazione collinare di forma allungata ai confini della Riserva naturale della Vauda e domina il sottostante abitato. Le attività si svolgeranno anche in caso di maltempo. Oltre al sopralluogo ai resti del castello, sono previste conferenze illustrative e visite ad altri siti di interesse storico-culturale del territorio.
Il complesso ebbe un ruolo strategico di rilievo fino all’inizio del Seicento, quando entrò a far parte dei possedimenti sabaudi: fu, infatti, protagonista delle vicende militari della prima metà del XVI secolo in quanto presidio imperiale alle porte di Torino, all’epoca sottoposta al dominio francese.
Le prime testimonianze risalgono al 1014, anno in cui il luogo, descritto «cum castello et capella», era dipendenza dell’abbazia di San Benigno di Fruttuaria. Non sono, però, pervenute evidenze materiali riferibili a tale fase. La cronaca trecentesca del notaio novarese Pietro Azario, riferendo l’episodio della conquista del castello da parte delle truppe di Giovanni II di Monferrato verso il 1340, lo descrive composto da «un muro altissimo e merlato […] sovrastato da un’eccelsa torre nella quale abitava in permanenza un custode». Il passaggio sotto il controllo marchionale fu seguito da interventi di potenziamento: la superficie difesa venne ampliata con l’aggiunta di un nuovo muro e al suo interno fu costruito un palazzo.
In assenza di dati per il XV secolo, determinante è una carta del borgo realizzata da un anonimo ingegnere nell’imminenza dell’assedio del 1555, culminato con la presa e la parziale distruzione del castello per opera dell’esercito francese. Essa, che trova puntuali riscontri nei ruderi odierni, rappresenta una fortificazione già aggiornata “alla moderna”, estesa su più livelli in direzione sud-est nord-ovest. Il forte presenta una forma a punta di freccia rivolta verso il borgo; il fronte ovest è costituito da una cortina con paramento murario in laterizio, protetta da torri cilindriche verso sud e da un bastione a nord; i lati meridionale e settentrionale risultano entrambi bastionati. Nel livello intermedio è indicato un nucleo murato di forma ottagonale: probabilmente si tratta del castello bassomedievale, declinato nel tempo per assolvere a funzioni prioritariamente residenziali. In alzato non si è conservato alcunché, ma è ancora leggibile il terrazzamento sistemato a prato. Il terzo livello, a ovest, era separato da una tagliata dal resto del forte, e lo proteggeva grazie a un ampio baluardo rivolto verso la Vauda.
I resti della fortezza giunte sino a noi comprendono il fronte bastionato del livello inferiore verso il borgo; in particolare, nell’area sud-orientale, in corrispondenza di un varco forse corrispondente all’accesso principale, sopravvivono i resti della torre cilindrica sud, con tratti di cortina, e del bastione nord.
Il castello, nel XV secolo, costituiva il fulcro di un articolato sistema difensivo, che comprendeva un ricetto, esteso all’area pianeggiate a ridosso del rilievo su cui il castello stesso sorgeva, e una più ampia cinta muraria, sopravvissuta sino al principio del XIX secolo, che proteggeva l’intero borgo.
In Puglia i soci volontari dell’Istituto Italiano Castelli offrono una giornata di studi al Castello Svevo (Bari) il giorno 10 maggio dalle 9.30 alle 13.15 aperta anche ai non addetti ai lavori. Tra i relatori, la presidente della onlus Istituto Italiano Castelli Michaela Stagno D’Alcontres, i membri del consiglio scientifico dell’istituto Italiano Castelli (Enrico Lusso, Presidente, Antonella Calderazzi vice presidente), rappresentanti del MIC, soprintendenti, studiosi che, in occasione del 60mo anniversario della fondazione dell’Istituto, discuteranno sulla tutela dei castelli pugliesi tra restauro e futuro. Rimandata alle Giornate Nazionali dei Castelli di settembre la visita, su itinerario inedito, al Castello Alfonsino detto anche ‘Forte a Mare’ di Brindisi. Di epoca aragonese, sorge sull’isola di Sant’Andrea e la sua costruzione si inserisce nel programma di fortificazione della costa orientale del Regno di Napoli, attuato dagli Aragonesi dopo la caduta di Costantinopoli per opera di Maometto II (1453).
In Sicilia protagonista domenica 12 maggio dalle 9 alle 20 il castello di Taormina o del Monte Tauro, la cui prima pietra risale al X secolo. Chiuso per circa trent’anni, nel recente passato è stato oggetto di un accurato e indispensabile intervento di restauro e adeguamento funzionale realizzato dalla Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Messina che, insieme ai lavori di messa in sicurezza della scalinata d’accesso, della parete rocciosa limitrofa e della realizzazione dell’illuminazione dell’area, a cura dell’Amministrazione comunale, ne hanno consentito la riapertura e la libera fruizione, anche notturna, come polo culturale.
Ubicato in posizione preminente rispetto alla sottostante città di Taormina, sin dalla sua origine ha rappresentato un punto di guardia e di controllo del passo tra la valle del fiume Alcantara e il mare Jonio.
In sinergia con il sovrastante Castello di Mola e le fortificazioni urbane di Taormina, delle quali oggi rimangono Porta Messina sul lato nord, Porta Catania sul lato sud e la intermedia, ricostruita, Torre dell’Orologio, la fortezza ha risposto, nel corso della storia, alle esigenze di difesa degli abitanti insediati.
Da esso si gode un panorama mozzafiato a 360°. A nord lo Stretto di Messina, a sud la valle del fiume Alcantara e le pendici dell’Etna, sullo sfondo la città di Catania, e ancora, a ovest i monti Peloritani.
La bellezza ed il mistero che il Castello di Taormina promana non passano inosservati a chi lo ammira e ciò che più colpisce è l’equilibrio tra l’ambiente naturale e quello antropizzato dall’uomo nei secoli. In un caleidoscopio di paesaggi unici come pochi al mondo.
Il complesso monumentale sorge sul Monte Tauro a 396 m. s.l.m., dov’era l’acropoli greca. Fondato dagli Arabi nel 902 e per questo detto “saraceno”, faceva parte del sistema di fortificazioni costruite in tutta la Sicilia in punti naturalmente strategici. Al castello si accede attraverso una scalinata intagliata nella roccia, che partendo dalla suggestiva chiesetta della Madonna della Rocca si inerpica fino a raggiungere la porta, a sua volta preceduta da un avancorpo scoperto e presidiato da camminamenti di ronda, ha forma trapezoidale con un imponente mastio. Sul lato sud si erge, su un’alta scarpata, una torre con la garitta per la sentinella e la campana d’allarme.
Nel pomeriggio il prestigioso Palazzo dei Duchi di Santo Stefano (XIV sec.), oggi sede della Fondazione Mazzullo, ospiterà alle ore 15 la tavola rotonda Il futuro del patrimonio fortificato siciliano. Progetti e Prospettive. Ne parleranno insieme rappresentanti dell’Istituto Italiano dei Castelli, delle istituzioni regionali e locali e delle associazioni culturali del territorio.
In Sardegna saranno protagonisti i forti della costa nord della Sardegna, parte del più ampio sistema difensivo che interessava anche l’intero arcipelago di La Maddalena, con visite guidate a cura degli studenti del Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II di Cagliari che svolgono ormai da molti anni con i volontari della sezione locale dell’Istituto Italiano Castelli nell’ambito di un interessante percorso di progetto PCTO (ex alternanza ‘scuola-lavoro’) e con la collaborazione dell’Università degli Studi di Cagliari che dal 2018 ha condotto approfonditi studi sul patrimonio fortificato anche grazie alla collaborazione con il Ministero della Difesa.
Sabato 11 e domenica 12 maggio è in programma la straordinaria apertura e visita a un sito di
particolare interesse storico-architettonico e paesaggistico: il forte, noto anche come Opera Capo
d’Orso. Si tratta di un significativo e complesso sistema militare di batterie, casematte e fortificazioni, realizzato a partire dalla fine del XIX secolo a difesa dell’arcipelago di La Maddalena e dell’area costiera nel tratto compreso tra Punta Altura e Capo d’Orso, comprendente le postazioni di Montiggia e Punta Sardegna.
In Toscana protagonista Firenze (il 17 maggio) con un convegno sulla memoria di Gazzola e sul restauro dei castelli con interventi di Nicoletta Maioli (Presidente IIC Toscana), Domenico Taddei (IIC) e Maurizio de Vita, architetti e docenti universitari.
In Trentino Alto Adige protagonista sabato 11 maggio il Forte Belvedere che ora è un monumento alla pace e alla condanna delle atrocità della guerra, visitato da oltre 28.000 persone all’anno.
Werk Gschwent di Lavarone, oggi meglio noto come Forte Belvedere, è l’unica struttura ben conservata e visitabile delle sette fortezze costruite dagli austriaci all’inizio del XX secolo per fronteggiare una possibile invasione italiana (verso Trento). Oggi è una testimonianza unica in quanto sede museale delle vicende della guerra sugli altipiani e alla Prima Guerra Mondiale in generale.
Il forte viene costruito a partire dal 1908 in località Gschwent su uno sperone di roccia calcarea (di quota 1177) a strapiombo sulla Val d’Astico, con funzioni di cerniera tra i forti della zona di Vezzena (Luserna, Verle e Cima Vezzena) e di Folgaria (Cherle, Sommo Alto, Dosso delle Somme).
Nel secondo dopoguerra il forte diventa proprietà della Regione Trentino-Alto Adige finché, nel 1966, viene acquistato da privati (la famiglia Osele di Lavarone) che, sgombrate le macerie, ricostruite in cemento le forme delle cupole originali, ripristinata l’illuminazione interna, lo rendono visitabile.
Grazie a questo provvidenziale intervento, il forte si trasforma in “museo di sé stesso” e riesce a conservarsi fino al 1996, quando viene acquistato dal Comune di Lavarone che procede al restauro conservativo in collaborazione con la Provincia Autonoma di Trento e alla valorizzazione del sito, trasformando la struttura in organico museo dedicato al forte, ma anche ai principali eventi e ripercussioni del primo conflitto mondiale in scala locale e internazionale.
L’Umbria apre sia alle visite guidate che a una conversazione aperta al pubblico sabato 11 maggio il castello ed il borgo fortificato di Antria nel comune di Magione (PG) sorto sulla sommità di un colle sui resti di un antico pagus romano che rivestì un ruolo importante nella rete viaria alto-medievale, per la sua posizione strategica. La necessità di difendere il transito e i commerci comportò la fortificazione dell’insediamento che , citato per la prima volta nel 1185 in un documento che ne attribuiva la proprietà alla canonica perugina di San Lorenzo, nel 1258 viene indicato come castrum dotato di una robusta cinta muraria.
L’economia dell’area, grazie alla presenza di corsi d’acqua, era prevalentemente agricola, ma non mancavano attività artigianali tra le quali emergevano la coltivazione di piante tintorie e la produzione di laterizi. Il coinvolgimento del castello in svariate vicende belliche provocò distruzioni e rifacimenti: tra il 1260 e il 1364 fu gravemente danneggiato dalle continue incursioni di fuoriusciti perugini e di soldati mercenari fra cui l’arrivo nel territorio perugino della compagnia di ventura inglese di Giovanni Acuto (John Hawkwood).
Nel 1426 si arrese a Braccio Fortebracci da Montone che proprio nel castello ricevette gli ambasciatori perugini Sacco Saccucci, Andrea di Guidarello, Andrea Guidoni e Cianello d’Alfano Alfani.
L’odierna Antria si presenta come un luogo suggestivo dalla forte connotazione medievale a cominciare dalla porta principale che rivela la presenza in passato del ponte levatoio, per proseguire con la cinta muraria in gran parte in buono stato di conservazione caratterizzata da solide torri perimetrali; al suo interno le case, strette le une alle altre, si affacciano su vicoletti, alcuni voltati, che afferiscono a due piazzette con al centro i relativi pozzi. Fuori dagli itinerari turistici, il borgo nel quotidiano è un luogo del silenzio, ma si anima in due precisi momenti dell’anno attorno all’accensione del forno medievale di comunità che chiama a raccolta gli abitanti rimasti dentro e fuori le mura. Il forno, che ha sede nella quattrocentesca Confraternita di San Rocco e Sant’Antonio Abate, nei giorni immediatamente precedenti la Pasqua vede perpetuarsi una tradizione che ha un vago sapore di ritualità: le donne portano a cuocere la torta di Pasqua, il tipico pane pasquale umbro, che verrà benedetta il Sabato Santo e portata in tavola per la prima colazione la Domenica mattina insieme ad altri cibi benedetti. Il forno si riaccende per la festosa sagra estiva dell’Oca, simbolo della riscoperta dei tradizionali valori contadini, che richiama locali e turisti a far rivivere, anche se per pochi giorni, questo caratteristico ed unico borgo medievale.
In Veneto viene proposta la riscoperta di Verona sia sabato 11 con un importante convegno che domenica 12 maggio per le visite guidate alle mura e ai forti del sistema difensivo della città cardine del Quadrilatero asburgico con le città di Peschiera, Mantova e Legnago.
I volontari della sezione Veneto dell’Istituto Italiano Castelli invitano il pubblico di esperti ed appassionati ad una due giorni di incontri a Verona e in altri castelli della regione in altri weekend di maggio. Con il Comune di Verona, la Soprintendenza, l’Ordine degli Architetti e l’associazione Archivio Piero Gazzola, il convegno, architetture di origine militare: dal restauro alla fruizione contemporanea presenta due recenti pubblicazione sull’opera di Piero Gazzola con una riflessione sulle opere di restauro di architetture militari realizzate nel corso del tempo a Verona. Un dialogo tra progetto, gestione e fruizione pubblica per meglio comprendere come il recupero dell’architettura fortificata in questi 60 anni è cambiato.
A Verona le visite guidate si estendono, in collaborazione con le associazioni veronesi, alla riscoperta delle mura urbane e dei forti della città, per ricordare che la città è protetta dall’Unesco per il patrimonio fortificato stratificato nei secoli a partire dall’età romana, proseguita nei periodi degli Scaligeri e dei Visconti, poi rafforzato ed ampliato dalla Repubblica di Venezia e dall’Impero Asburgico. Sarà nuovamente visitabile Forte Monte Tesoro, uno dei più importanti forti corazzati italiani realizzati nei primi decenni del ‘900. Le visite guidate al forte si estenderanno anche oltre le giornate dell’ 11-12 maggio 2024. I soci volontari della Onlus organizzatrice delle Giornate aprirono le prime visite a questa architettura – con enorme successo di pubblico – nelle Giornate di qualche edizione fa, non appena fu riaperta al pubblico: il Forte è stato infatti recentemente restaurato e la sua seconda vita offre alla cittadinanza ed i visitatori una nuova funzione culturale e turistica
Il 18 maggio continuano le GNC a Conegliano Veneto con il Convegno: memoria e restauro delle fortificazioni nella città contemporanea, seguiranno le visite guidate al castello.
Premio di Laurea sull’Architettura Fortificata 2024
L’Istituto Italiano dei Castelli Onlus (IIC) nell’ambito delle iniziative promosse per incoraggiare le nuove generazioni allo studio storico, archeologico ed artistico del patrimonio fortificato italiano nonché la sua valorizzazione, presenta il
XXVII PREMIO TESI DI LAUREA SULL’ARCHITETTURA FORTIFICATA.
Il Premio consiste in assegni per complessivi 4.500 euro di cui beneficiano le prime tre tesi di laurea ritenute più meritevoli tra quelle pervenute. La commissione di concorso è composta da membri del consiglio scientifico dell’IIC nonché da docenti di chiara fama delle università italiane. Un estratto delle tesi premiate possono altresì essere pubblicate sulle riviste Castellum/Cronache Castellane oppure su un numero monografico della collana Castella.
Il bando si rivolge ai laureati in Conservazione e restauro dei beni culturali, Archeologia, Architettura e Ingegneria edile – Architettura, Conservazione dei beni architettonici e ambientali, Progettazione e gestione dei sistemi turistici, Scienze per la conservazione e restauro dei beni culturali, Scienze storiche, Storia dell’arte, che abbiano svolto tesi di laurea magistrale o quinquennale in Italia su tematiche castellane nell’ambito della ricerca scientifica storico-critica, del rilievo dei monumenti, del restauro architettonico, del riuso e riqualificazione, di un complesso fortificato italiano (torre, castello, forte o borgo murato).
Sono ammessi al concorso i laureati che abbiano discusso la Tesi negli anni 2022/2024 (entro il 30 aprile).
SCADENZA DELLA PRESENTAZIONE DELLE DOMANDE: 30 GIUGNO 2024
La premiazione è ospitata in una manifestazione aperta al pubblico che avviene ogni anno (in autunno) in una città italiana diversa alla presenza non solo della giuria ma anche di altri docenti ed esperti del settore. Al termine della premiazione sarà prevista l’esposizione di una sintesi delle tesi premiate che verranno illustrate dagli autori con l’ausilio di strumenti multimediali.
Ulteriori info: https://www.istitutoitalianocastelli.it/premio-di-laurea/
Giornate Nazionali dei Castelli 2024
11/12 Maggio 2024
25esima edizione a cura dell’Istituto Italiano dei Castelli
RISORSE
Castelli d’Italia
Il primo nucleo abitato della futura città di Vigevano sorse in un luogo la cui naturale posizione difensiva ne avrebbe segnato il destino per sempre: da borgo fortificato in età comunale, Vigevano divenne infatti la sede di uno dei più significativi e importanti complessi fortificati italiani.
La storia di questa complessa struttura fortificata iniziò nel 1341, quando Vigevano entrò a far parte del vasto progetto visconteo di potenziamento e riforma delle fortificazioni della Signoria milanese. In quell’anno Luchino Visconti, che da poco era succeduto insieme al fratello, l’arcivescovo Giovanni, al nipote Azzone e già dal 1319 era stato eletto podestà del borgo, fece erigere a cavallo delle antiche mura di età comunale e al posto del preesistente castello una prima struttura fortificata.
Questo edificio, a pianta quadrata e detto “Rocca Vecchia”, fu il primo di una serie di costruzioni che, scandendo le successioni dei Visconti prima e degli Sforza poi, vennero a giustapporsi nel tempo, fino a trasformare il primo nucleo del castello in un gigantesco complesso monumentale che permea e domina tuttora l’intero centro storico di Vigevano.
Poiché la Rocca Vecchia aveva funzioni prettamente difensive, nel 1345 Luchino decise di far costruire sulla collinetta dove sorgeva il primo nucleo abitato del paese, dunque nel luogo più sicuro della città, un nuovo castello: una vera e propria residenza principesca dove vi potesse alloggiare con la famiglia e il suo seguito.
Questo secondo edificio, conosciuto con il nome di Maschio, si presentava come una struttura a pianta quadrata e torri quadrate agli angoli, così come voleva la tradizione architettonica dei castelli viscontei di pianura.
Per collegare le due strutture, sempre Luchino fece costruire una maestosa strada coperta sopraelevata, che con i suoi 163 metri di lunghezza e sette di larghezza attraversava una parte intera della città.
L’avvento al potere degli Sforza impresse nuovo impulso alla città di Vigevano, ed anche il castello conobbe una nuova fase di sviluppo (che va dal 1473 al 1494 circa): per volontà prima di Galeazzo Maria Sforza e poi di Ludovico Maria Sforza, detto il Moro, attorno al Maschio vennero costruiti nuovi edifici adibiti a scuderie capaci di contenere fino a quasi mille cavalli, mentre nella parte posteriore del maschio fu costruita una nuova ed elegante ala residenziale – detta “Loggia delle dame” – riservata alla sposa di Ludovico, Beatrice d’Este. Fu inoltre edificata la Torre a volume sovrapposti (detta impropriamente “bramantesca”), ma soprattutto, concepita come atrio nobile del castello, fu realizzata la piazza porticata, detta Ducale, un gioiello di rara bellezza rinascimentale, ancora oggi cuore pulsante della città.
A questi lavori collaborarono architetti di fama internazionale, in particolare Donato Bramante, del quale, grazie ai recenti lavori di restauro, è stata portata alla luce una splendida decorazione che abbelliva le facciate delle scuderie verso il cortile interno e che erano state scialbate.
Con la caduta di Ludovico il Moro (1499) e la successiva dominazione spagnola prima e austriaca poi, il castello conobbe un lungo periodo di declino e abbandono, durante il quale venne impropriamente adibito a caserma.
Tale abbandono si protrasse fino al 1967, anno in cui i militari si trasferirono definitivamente presso altre sedi. Dal 1978 sono iniziati i lavori di restauro che hanno parzialmente riportato il complesso al suo splendore.
La storia del castello è intimamente legata a quella dei suo proprietari, la potente famiglia feudale dei conti Guidi, che lo abitarono per circa 400 anni.
Il primo documento scritto che attesta la presenza dell’abitato di Poppi è un contratto del 1169 redatto in castro de Puppio in loco Casentino. Del 1191, invece, è un Privilegio di Arrigo VI, con il quale l’imperatore conferma Guido Guerra V conte di tutta la Toscana e nel quale viene menzionato il castello stesso.
La prima fondazione del castello è però ascrivibile all’epoca dell’invasione longobarda, quando tutta la valle del Casentino fu protagonista di un generale fenomeno di incastellamento.
Il primo grande intervento si ebbe nel 1274, quando, per volere del conte Simone dei Conti Guidi da Battifolle, vennero iniziati dei lavori di ampliamento e ristrutturazione, poi terminati dal figlio Guido, che trasformarono il fortilizio in vera e propria residenza. Un altro importante intervento si ebbe a partire dal 1470, quando nel cortile interno venne edificata una splendida scala, quale accesso ai vari piani dell’edificio, e il recinto esterno. Sempre in questo periodo fu eretta sulla cinta esterna l’antiporta detta “della Munizione”, a difesa della Porta Leone. Inoltre venne scavato il fosso di separazione tra il castello e la piazza d’armi. L’ultimo importante restauro, risalente al secolo scorso, ha interessato gran parte della merlatura e della muratura e lo ha consegnato ai posteri nel suo magnifico aspetto attuale.
Sin dal XIII secolo, il Castello e il suo abitato rappresentarono uno dei più importanti e vivaci centri politico-economici dell’interno territorio casentinese, tanto che Poppi e fu sempre considerata una vera e propria “capitale” amministrativa della grande dinastia feudale dei conti Guidi. Tale importanza si mantenne anche sotto la successiva dominazione fiorentina, quando nel 1440 Francesco Guidi, che si era schierato con i nemici di Firenze, in seguito alla vittoria di quest’ultima sui Milanesi nella celebre battaglia di Anghiari, fu assediato nel suo castello, sconfitto e costretto alla resa.
Il castello è oggi sede del Comune di Poppi e prestigiosa area espositiva-museale.
La nascita del feudo di Gambatesa e probabilmente del castello, va fatta risalire all’epoca dell’invasione longobarda. Notizie più precise si hanno a partire dalla metà del X secolo, quando si assistette ad un importante e documentato fenomeno di incastellamento. Nel 967, infatti, Pandolfo I Capo di Ferro, principe di Capua e di Benevento, concesse ai monaci di San Vincenzo al Volturno la facoltà di erigere castelli a difesa del territorio. Questa politica è ben comprensibile se si pensa che proprio Pandolfo, il più potente principe del Mezzogiorno, era diventato uno dei vassalli più fidati di Ottone I che, dopo essersi impadronito del regno d’Italia e aver ridotto il papato a suo vassallo, sognava di dare al regno unità politica abbattendo il dominio bizantino e sottomettendo i ducati longobardi. In seguito il feudo si trova citato nel Catalogus Baronum, un registro che elenca le terre concesse ai feudatari normanni a partire dalla seconda metà del XII secolo. Ma è dal XIII secolo, con Riccardo da Gambatesa o di Gambatesa, condottiero al servizio del re di Napoli, Roberto d’Angiò, che il feudo assume maggiore importanza. Grazie ai suoi meriti militari Riccardo ottenne feudi e riconoscimenti e, non avendo figli maschi, riuscì a far ereditare al nipote Riccardello, nato dal matrimonio della figlia con un Monforte, anche il cognome Gambatesa, dando il via alla casata dei Monforte-Gambatesa. Con l’avvento degli Aragonesi, il feudo passò ad Andrea di Capua, duca di Termoli. In questo periodo il castello subì profonde modifiche, trasformandosi in una splendida residenza fortificata, in linea con il clima rinascimentale, come testimonia lo splendido ciclo di affreschi che ornano il piano nobile del palazzo.
Negli anni ’70 il castello fu venduto al Ministero per i Beni Culturali e restaurato dalla Soprintendenza ai Beni Architettonici del Molise.
Le sezioni regionali dell’Istituto
L’Istituto si articola in Sezioni. Esse, autonome nelle attività nel loro ambito, promuovono conferenze, seminari, visite di studio, attività di ricerca ed altre iniziative di promozione culturale del patrimonio castellano delle rispettive regioni di appartenenza
PUBBLICAZIONI
Le nostre pubblicazioni
-
Numero: 217 – 218
Scopri l’ultimo numero della collana
-
Numero: 215 – 216
Scopri l’ultimo numero della collana
-
Numero: 213 – 214
Scopri l’ultimo numero della collana
Nomenclatura Castellana
Un viaggio attraverso le parole che raccontano le parti di un castello,
dall’avamposto sino alle vedette
BLOG
Novità dal nostro blog
Giornate Nazionali dei Castelli:
la XXV edizione si svolge sabato 11 e domenica 12 maggio 2024
25 siti: 10 castelli, 4 forti, 1 torre, 1 casaforte, 8 tra città e borghi, 1 arcipelago
Grandi città e piccoli centri animati da visite guidate gratuite, attività e trekking culturali, itinerari speciali a nord, al centro, a sud della penisola – isole comprese.
Le architetture protagoniste raccontate in diversi stati di conservazione, fruizione, destinazione e valorizzazione
Nel 2024 la Onlus Istituto Italiano Castelli compie 60 anni, online e gratuito l’Atlante Castellano
L’Istituto Italiano Castelli, Onlus a carattere scientifico fondata da Piero Gazzola nel 1964, annuncia le date e le 25 destinazioni della XXV edizione delle Giornate Nazionali dei Castelli. Nel weekend dell’11 e 12 maggio 2024, visite guidate gratuite, conferenze, concerti, mostre, presentazioni di tesi di laurea e libri in 10 castelli, 1 torre, 1 casaforte, 8 tra città e borghi, 1 arcipelago, 4 forti che hanno trovato una nuova vita.
In questa venticinquesima edizione, aperti per la prima volta alle visite del pubblico due siti: il Bastione di Santa Maria all’interno dello splendido borgo e fortezza medicea di Terra del Sole (Emilia Romagna) e un forte nel sistema difensivo del Nord Sardegna. Numerose le architetture fortificate di cui si illustrano i recenti restauri.
Online sul nuovo sito della onlus https://www.istitutoitalianocastelli.it itinerari culturali appositamente ideati dagli studiosi della onlus e ulteriori architetture fortificate che completeranno il già ricchissimo parterre di visite guidate oltre ad aperture straordinarie prima e dopo il weekend deputato alle Giornate Nazionali dei Castelli 2024.
Tutto l’anno i follower che seguono online i canali social nazionali e regionali di IIC, apprendono delle tante iniziative (tra corsi, viaggi e conferenze) e di nuove idee di visita grazie alla seguita rubrica ‘un castello al giorno’ che permette di programmare quale castello scoprire in autonomia sia in Italia che all’estero in ogni momento.
Il 2024 reca un anniversario speciale per questa iniziativa corale che unisce il paese senza distinzione tra grandi attrattori culturali turistici e territori meno noti: la Onlus compie 60 anni di attività e la speciale ricorrenza darà vita ad un altro calendario di eventi in tutte le regioni italiane dove l’Istituto ha una sede sin dalla sua nascita.
Le Giornate Nazionali dei Castelli offrono visite ideate ed organizzate dai volontari da nord a sud della penisola, isole comprese – per rilanciare lo studio, il valore ed il riutilizzo delle architetture fortificate italiane in ogni stato di conservazione che ogni anno, da 25 edizioni, conquista sempre più appassionati e turisti, studiosi e studenti che possono contestualizzare le architetture e la loro storia nel paesaggio e nella comunità territoriale a cui appartengono da secoli e per la quale potrebbero essere volano di una seconda opportunità di rilancio.
‘L’anno scorso siamo tornati ad offrire agli italiani ed ai turisti le Giornate Nazionali dei Castelli nella tradizionale data di maggio.
Abbiamo pensato di espandere le visite con siti collaterali e numerosi itinerari turistici a piedi che famiglie e turisti hanno molto gradito negli anni precedenti e riconfermato nuovamente di gradire.’ afferma l’imprenditrice siciliana Michaela Marullo Stagno D’Alcontres, presidente della Onlus organizzatrice.
‘Abbiamo inoltre, con grandissimo sforzo di tutti i nostri volontari, riaperto gli stessi siti ed altri in una seconda data delle Giornate a settembre, in concomitanza con le Giornate Europee del Patrimonio che ci ha concesso di raddoppiare il numero di visitatori in ogni sede interessata. Anche quest’anno raddoppieremo la data, sempre fiduciosi di poter contare, per la buona riuscita delle Giornate, sulla collaborazione delle amministrazioni locali, delle università, delle soprintendenze, dei mezzi di comunicazione e di tutte le associazioni con le quali abbiamo accordi nazionali tra cui l’ASI, l’UNPLI e molte altre.’
‘Quest’anno ricorre per noi un appuntamento importante oltre al venticinquesimo anniversario delle Giornate: l’Istituto Italiano dei Castelli, fondato a Milano da Piero Gazzola nel 1964, compie 60 anni di attività. Lo stesso anno, lo studioso e sovrintendente italiano scrisse la Carta Internazionale del Restauro dei Monumenti, nota anche come Carta di Venezia, di cui ricorre del pari l’anniversario. Le celebrazioni per festeggiare il 60mo anniversario dell’Istituto saranno a cura delle singole sezioni regionali e si organizzeranno in coincidenza con le Giornate Nazionali. Ad ottobre, a Roma, un convegno nazionale ospitato alla Sala Spadolini del MIC vedrà la partecipazione delle istituzioni nazionali; il giorno successivo un seminario di studi , a Castel Sant’Angelo, opererà una sintesi del lavoro svolto dalla sezioni per progettare azioni future condivise.
Il nostro sodalizio è stato il primo in Italia e tra i primi in Europa ad occuparsi dello studio, della salvaguardia e del riuso delle architetture fortificate: continua ancora nella sua missione originaria, con particolare attenzione alle giovani generazioni.
La nostra Onlus è presente in 19 regioni italiane che tutto l’anno danno vita ad un fitto calendario di appuntamenti culturali destinato ai soci ed ai non soci: convegni scientifici e di aggiornamento professionale, conversazioni, viaggi di studio, mostre, presentazione di libri e pubblicazioni, corsi e approfondimenti sulle architetture fortificate. Contribuire alla vita associativa del nostro istituto si traduce in maggior tutela per il nostro patrimonio culturale, spesso trascurato.’
I castelli italiani sono un tesoro composto di storia, di geografie sociali, di gesta di donne e uomini che nei secoli hanno animato, popolato e guidato territori, economie, grazie alla cultura del saper fare italiano. Salvaguardare i castelli non è solo materia di architettura, restauro, filologia ed alto artigianato ma un coacervo di azioni che riportano in luce siti spesso dimenticati ma legati indissolubilmente a città e borghi, vallate e belvederi. Un progetto adeguato di valorizzazione del patrimonio castellano consentirà alle generazioni future di ritrovare i segni tangibili della storia. Inoltre, il turismo castellano sarebbe capace di muovere grandi interessi e di risvegliare anche le aree più interne delle nostre regioni rivalutando l’economia e le risorse locali.
‘Il nostro impegno nello studio, nel censimento e nella salvaguardia di forti, torri, bastioni e cinte murarie, di piccoli e grandi castelli in ogni stato di conservazione si protende soprattutto verso i giovani. Ne sono testimonianza le tante iniziative dell’Istituto per facilitare la loro partecipazione attiva, a cominciare dalla fondazione delle locali sezioni ‘Giovani’ in tutte le regioni italiane; i concorsi fotografici per le scuole secondarie; i premi di laurea che da oltre 20 edizioni confermano una borsa di studio in denaro e la pubblicazione dell’elaborato, primo passo importante per una futura attività di ricerca scientifica. E da ultimo, la pubblicazione online, georeferenziata e open source dell’Atlante Castellano, il censimento in itinere a cura del nostro Consiglio Scientifico.
Le Giornate Nazionali dei Castelli che quest’anno sono giunte alla XXV edizione, sono sicuramente uno strumento indispensabile e di grandissima potenzialità per la crescita dell’associazione. Lo stesso dicasi per le attività scientifiche, per le varie pubblicazioni, tra cui le riviste Castellum e Cronache Castellane, la collana editoriale Castella.’ conclude la Presidente Stagno d’Alcontres.
L’Abruzzo, una delle regioni più ricche di architetture fortificate d’Italia, celebra ancora Vasto con una passeggiata guidata per l’intera giornata di domenica 12 maggio, alla scoperta del centro storico e della sua storia, tra permanenze e trasformazioni.
L’attuale configurazione urbanistica è il risultato di una continua riedificazione e stratificazione della città sulle rovine dell’antico municipium romano di Histonium, di cui sono ancora visibili le testimonianze archeologiche più remote e sulle quali ciascun periodo storico ha lasciato tracce visibili. Ad esse si legano le principali vicende storiche, urbanistiche e culturali della città medioevale e moderna.
Partendo dal cuore della città, piazza Rossetti, sviluppatasi sui resti dell’anfiteatro-naumachia del II secolo d.C., l’itinerario ripercorre il tracciato della cinta muraria cittadina, in parte stravolta nel XX secolo con l’aggiunta di abitazioni e demolizioni per lasciare spazio all’espansione Novecentesca dell’abitato. Durante la visita saranno illustrati i tratti superstiti della cinta muraria medioevale e le loro principali funzioni: il Castello Caldoresco, la Torre di Bassano, Porta Catena, la Torre di Diomede e quella di Santo Spirito, Porta Nuova e le architetture più rappresentative in essa racchiuse: passando per la celebre Loggia Ambligh, la Chiesa di Santa Maria Maggiore (XI sec.), con possibilità di osservare la parte più antica della città dall’alto del suo campanile, il Duomo di San Giuseppe e la Chiesa di Maria Santissima del Carmine. Dopo pranzo, la visita prevede l’ingresso a Palazzo d’Avalos ed al suo settecentesco giardino napoletano, il cui impianto originale rispecchia appieno lo stile barocco predominante nelle residenze nobiliari italiane. Attraverso una speciale passeggiata archeologica su via Adriatica che include i resti della chiesa di San Pietro, si raggiungerà il complesso termale dell’antica Histonium, il più esteso su tutta la fascia costiera adriatica dell’Italia centro-meridionale in cui sono visibili raffinati mosaici con decorazioni geometriche che si succedono a motivi marini, con raffigurazioni mitologiche di delfini e mostri dalla testa di cane o di cavallo a coda di pesce.
La Basilicata apre alle visite guidate sia sabato 11 che domenica 12 maggio il castello Tramontano (Matera). Di stile aragonese e inerpicato sulla collina di Lapilli che sovrasta la città, sarà anche sede di un convegno aperto al pubblico che celebra i 60 anni dell’Istituto. Rimasto incompiuto per una congiura popolare ai danni del feudatario da cui prese il nome, il castello è oggetto di restauro con i proventi del Gioco del Lotto dal 2008.
Il Castello Tramontano di Matera è strettamente legato alle vicende del conte Giancarlo Tramontano, ambizioso e per certi versi spregiudicato uomo d’affari di origini campane, tanto abile da conseguire diversi e importanti uffici del Regno di Napoli fino a diventare un affermato barone e, successivamente, conte di Matera, città acquisita insieme al titolo comitale nell’ultimo decennio del XV secolo anche grazie alla vicinanza di Tramontano alla corona aragonese. Proprio quando il predominio spagnolo sui francesi nel Regno di Napoli fu consolidato, il conte avviò l’edificazione del nuovo castello a Matera. I rapporti con i materani non furono mai idilliaci, anche a causa di una politica fiscale ritenuta vessatoria dai cittadini, tanto da portare alcuni studiosi a definire il Castello Tramontano una fortificazione contro la città piuttosto che per essa. Il sito prescelto, la collina di Lapillo, è non a caso esterno rispetto alla Civita e, dunque, al centro cittadino e al polo religioso della cattedrale e dell’annesso palazzo arcivescovile; tale scelta dovette apparire una dichiarazione d’intenti, dal momento che l’antica fortezza della città, il Castelvecchio, era diruta già da diversi decenni e, pur essendo stata parzialmente occupata, la sua area si sarebbe prestata alla realizzazione di un nuovo maniero decisamente più vicino al centro della città. I lavori di realizzazione del Castello Tramontano ebbero inizio fra il 1501 e il 1503, molto probabilmente sotto la direzione di Antonio Marchesi, già collaboratore di Francesco di Giorgio Martini negli anni in cui quest’ultimo fu dapprima consulente e successivamente direttore delle regie opere del Regno di Napoli per conto di Alfonso e Federico d’Aragona. L’impianto materano è stato spesso associato ad alcuni studi martiniani per le fortificazioni, in particolare al disegno del foglio 73r dell’Opusculum de Architectura che mostra un complesso sistema di torrioni circolari e bastioni semicircolari in parte connessi con un nucleo interno, anch’esso della stessa forma. Tale struttura recepiva gli avanzamenti in tema di architettura militare: le fortificazioni, infatti, avrebbero avuto muri relativamente più bassi e molto più spessi per resistere ai colpi delle bombarde. Tuttavia, le artiglierie campali utilizzate dai francesi già sul finire del Quattrocento misero in luce l’inadeguatezza di strutture così ampie e, proprio per questo, facilmente attaccabili. Il Castello Tramontano, d’altronde, rappresenta una sintesi architettonica fra modelli differenti di fortificazioni e propone soluzioni insieme vecchie e nuove nella risposta agli attacchi militari. Esso si erge ancora oggi imponente sulla città, più bassa e poco distante, ma mostra chiaramente il suo status di grande incompiuto: il conte Tramontano fu infatti assassinato dai materani nel dicembre del 1514.
La Calabria celebra Vibo Valentia, il cui castello si presenta restaurato. Il convegno per celebrare i 60 anni dell’Istituto Italiano Castelli sui temi della valorizzazione e del futuro delle architetture fortificate si svolge sabato 11 maggio dalle 10 alle 17 con la partecipazione di studiosi, delle istituzioni nazionali, regionali e cittadine mentre domenica 12 maggio si svolgono le visite guidate al Castello.
Il castello sorge dove in età greca era probabilmente ubicata l’Acropoli di Hipponion, che forse si estendeva anche sulla collina dirimpetto. La prima fase di costruzione della fortificazione risale al periodo Svevo. Nel 1240 Matteo Marcofaba, segretario di Federico II, fu incaricato di fondare la città di Monteleone su terreni di proprietà dell’abbazia della SS. Trinità di Mileto e nel 1255 è attestata per la prima volta nelle fonti l’esistenza del castello. La fortificazione fu modificata in età angioina, a partire dalla seconda metà del XIII sec., con l’incremento di ambienti, l’addizione di torri circolari e la modifica dell’ingresso principale spostato sul fronte nord ovest. I Pignatelli, ai primi del Cinquecento (1509), furono autorizzati ad operarvi modifiche e pertanto il castello perse quasi del tutto la funzione militare, assumendo invece quella di abitazione nobiliare. Il sisma del 1783 procurò danni rilevanti alla fortificazione, distruggendo quasi completamente l’ala sud est., che fu parzialmente ricostruita nei primi decenni del XIX secolo. Dopo un abbandono secolare, negli anni Settanta dello scorso secolo ne fu avviato il restauro. Il castello conserva intatta la torre a cuneo di età sveva, le torri cilindriche e l’ingresso principale di età angioina. È oggi sede del Museo Archeologico Nazionale.
Il Cilento (Salerno) è protagonista delle Giornate di maggio: Camerota, con il suo castello, il borgo murato e le numerose torri vicereali è stato prescelto in Campania dal consiglio direttivo regionale come sede dell’evento principale.
Il castello è uno degli edifici storici più importanti di Camerota (il paese ha anche una frazione marina dove vi è un altro castello). In origine una fortificazione, domina il centro storico di Camerota, un borgo medievale con edifici storici adibiti a funzioni culturali come il Museo della Civiltà Contadina e dell’Artigianato, la Cappella di Piedigrotta e l‘anfiteatro Kamaraton, costruito esclusivamente con fossili in selice. Il castello di Camerota è caratterizzato da un’alta torre a base quadrata di origini normanne (XI –XII secolo), con ampliamenti successivi fino agli inizi del XVI secolo. Nel luglio 1552 una potente flotta turca capitanata da Rais Dragut assalì il borgo fortificato con il castello, che venne gravemente danneggiato. Molti abitanti furono fatti prigionieri e tradotti in schiavitù.
Contemporaneamente ad Avella (provincia di Avellino) sabato 11 maggio visita guidata al castello con conferenza, mentre domenica 12 maggio nel poco distante Castel Cicala (Nola, Napoli) si terrà analogamente una visita guidata e la presentazione della tesi di laurea tra le vincitrici dell’ultima edizione del Premio promosso annualmente dall’Istituto Italiano dei Castelli e dedicata al recupero ed alla valorizzazione del sito fortificato.
Maggio è sinonimo di castelli in questa regione e numerosi sono gli appuntamenti in tutti i weekend del mese oltre a quelli delle Giornate Nazionali, coinvolgendo i siti di Carinola (CE), Rocca dei Rettori (BN), Lettere (NA) recentemente restaurato, i sentieri di Pimonte. Nel primo weekend saranno altresì organizzate delle visite speciali a Castel Capuano e Castel S. Elmo a Napoli.
In Emilia Romagna aperto alle visite e alle attività delle Giornate il borgo fortificato di Terra del Sole: una città-fortezza medicea oggi parte integrante del comune di Castrocaro Terme e Terra del Sole, situata a meno di 10 km da Forlì.
Nella ricorrenza dei 460 anni dalla fondazione della città Fortezza e nell’anniversario dei 450 anni della morte del Granduca Cosimo I de Medici che la ideò, la sezione Emilia Romagna dell’Istituto Italiano Castelli apre per la prima volta al pubblico il bastione di Santa Maria di proprietà comunale.
I volontari della sezione Emilia Romagna accompagneranno nell’intera giornata di domenica 12 maggio i visitatori alla scoperta della fortificazione mai aperta al pubblico, dove sarà possibile comprendere il funzionamento del sistema difensivo di una fortezza cinquecentesca visitando l’eccezionale sistema su due livelli sovrapposti di camere di manovra delle armi da fuoco.
Le visite saranno accompagnate dal racconto degli studenti universitari che spiegheranno il bastione oggetto della loro tesi, vincitrice del premio nazionale alle tesi di laurea in architettura, restauro e altre discipline promosso dall’Istituto lo scorso anno. I visitatori potranno scoprire anche la storia e le bellezze della città fortezza grazie alle guide locali coordinate dall’ufficio turistico del Comune.
Il pomeriggio di sabato 11 maggio offre al pubblico un ricco programma culturale che include una conferenza ad ingresso libero al Palazzo Pretorio di Terra del Sole, alle 17, con la partecipazione delle istituzioni del territorio e della soprintendenza e la presentazione al pubblico della tesi vincitrice il premio di laurea 2023 dell’Istituto dedicata al bastione di Santa Maria. Ad essa segue un aperitivo all’interno del Giardino del Castello del Capitano delle Artiglierie, dimora storica privata all’interno del Borgo di Terra del Sole, ricavato sul bastione di Sant’Andrea. Un concerto di musica sinfonica all’interno della chiesa parrocchiale di Terra del Sole chiude la giornata.
La città fortezza di Terra del Sole, costruita da Cosimo I de’ Medici come nuovo centro politico e militare della Romagna toscana, può essere considerato come un vero e proprio unicum nel suo genere, un episodio urbanistico e architettonico senza eguali in Romagna. Non solo Terra del Sole può essere considerata come una città di fondazione figlia dell’ideologia e del pensiero rinascimentale ma allo stesso tempo viene concepita come una perfetta macchina difensiva, collocata sulle prime colline forlivesi, a tutela dei territori del Granducato, che si estendevano in Romagna per tutta la Valle del Montone e le vallate adiacenti. La rocca conserva, tutt’oggi minacciati dall’azione del tempo, nascosti da un’abbondante vegetazione e da nuove costruzioni, le mura, i bastioni, i castelli e i palazzi a testimonianza del passato illustre vissuto dal fortilizio mediceo. La costruzione della città-fortezza in prossimità di Castrocaro non fu solamente dettata da ragioni strategiche e militari, ma anche quasi certamente politiche.
In occasione delle Giornate Nazionali dei Castelli, i volontari dell’Istituto Italiano Castelli invitano il pubblico a compiere in autonomia un itinerario culturale e paesaggistico più esteso per estendere la loro permanenza l’intero weekend.
Nel cuore della Romagna, sulla strada statale che congiunge Ravenna a Firenze, sorge Castrocaro Terme, l’antica Salsubium dei Romani, nota per la ricchezza delle sue acque salse, prese nel Medioevo il nome di Castrocaro, derivato forse da Kaster Kar (in lingua celtica, ‘sperone roccioso’), o forse da Castrum Cari (cioè ‘accampamento di Caro’ o ‘di Carino’, imperatori Romani del III secolo). Da visitare è il borgo medievale, con interessanti edifici medievali e rinascimentali. Spicca il quattrocentesco Palazzo dei Commissari, la dimora dei Capitani di giustizia inviati dai Fiorentini nel periodo in cui Castrocaro fu capoluogo della Romagna Toscana; la Fortezza (sec. X-XVI) che domina il paese (visitabile con Museo ed Enoteca), dove si svolgono feste medievali ed esibizioni di falconeria, la Torre Campanaria detta “e Campanon’, il Battistero di San Giovanni alla Murata ai piedi della Fortezza, il Padiglione delle Feste in puro stile ‘art decò’ con pregevoli decorazioni di Tito Chini ed il Grand Hotel delle Terme del Piacentini nel parco delle terme, esempi di architettura del Ventennio; infine il parco fluviale che costeggia il fiume Montone.
Di eguale interesse anche Montepoggiolo e la sua rocca. Nata probabilmente come torre di vedetta della cittadella di Castrocaro, i primi documenti storici che riportano indirettamente informazioni su questa rocca portano la data del 906 e citano un tal «conte Berengario del castello di Montepoggiolo» Dalla rocca di Montepoggiolo si scopriva “la pianura della Romagna papale da Faenza fino a Ravenna, e l’Adriatico, di modo che non è possibile far passare fra queste mura e la Terra del Sole di giorno alcun corpo considerabile senza esserne avvisati”. La Rocca, costruita in mattoni, si presenta tuttora con una pianta quadrilatera irregolare ed è visitabile dal suo esterno dopo un breve tragitto a piedi.
In Friuli Venezia Giulia protagonista sabato 11 maggio la Casaforte Nussi Deciani Zamò a Case di Manzano (Udine), un complesso del XV-XVI secolo realizzato su preesistenze e circondato da un muro di cinta.
La casaforte è composta da edifici rustici posti al margine del cortile, tra i quali un palazzo a pianta rettangolare posto a nord-est con all’interno decorazioni in cotto riconducibili al XV secolo. In epoca medievale venne aggiunta una torre d’avvistamento. Oggi il compresso è adibito a residenza privata e bed and breakfast. Ospita eventi culturali e fa parte del Consorzio per la Salvaguardia dei Castelli Storici del Friuli Venezia Giulia. L’evento organizzato a Casaforte Nussi Deciani Zamò è il primo di tre incontri di approfondimento sul tema degli insediamenti rurali fortificati che verranno organizzati dalla sezione Friuli Venezia Giulia dell’Istituto Italiano Castelli nel corso dell’anno.
Le vicende storiche e il restauro, curato tra il 1999 e il 2008 dall’architetto Toni Cester Toso, storica socia della sezione regionale dell’Istituto Italiano Castelli Onlus, saranno l’occasione per ricordare la cura e l’attenzione rivolta alle architetture fortificate da parte di alcuni soci della sezione nel corso dei 60 anni dalla fondazione dell’Istituto.
La visita guidata sarà preceduta dalla presentazione del libro Toni Cester Toso La storia di una professionista, a cura di Liliana Cargnelutti e Mariagrazia Santoro. Le autrici ed i proprietari della casaforte ripercorreranno le vicende dell’incontro con l’architetto e le fasi del restauro di un luogo affascinante, dove diversi edifici costituiscono un unicum caratterizzato da una grande armonia nel paesaggio.
Il Castello di Sermoneta (Latina) è protagonista delle Giornate in Lazio.
Aperto a visite guidate gratuite sia sabato 11 sia domenica 12 maggio, il castello risale al XIII quando gli Annibaldi costruirono un’imponente rocca. Nel 1297 Sermoneta e il suo castello passarono a Pietro II Caetani, Conte di Caserta, che avviò lavori di ampliamento e rafforzamento. Importanti lavori vennero eseguiti sul finire del Quattrocento, per volontà di Onorato III Caetani, che fece realizzare, tra l’altro le cosiddette “Camere Pinte”, stanze affrescate da artista ignoto, probabilmente appartenente alla Scuola del Pinturicchio.
Nel 1499 Alessandro VI Borgia sottrasse il castello ai Caetani, cui fu poi restituito nel 1504 da Giulio II. Nel Seicento iniziò il lento abbandono del castello che aveva perduto la sua rilevanza strategica. Soltanto a partire dalle fine dell’Ottocento i Caetani tornarono ad occuparsene avviando imponenti lavori di restauro.
I soci dell’Istituto Italiano Castelli Liguria offrono una visita guidata sostenibile con trasporto collettivo a due borghi liguri: la mattina a Finale ed il pomeriggio a Noli. Le visite si svolgeranno a piedi ed in caso di maltempo l’evento viene rinviato a data da destinarsi.
Finale, la cui prima testimonianza scritta risale al 916, è sulla costa della Riviera Ligure di Ponente fra i promontori di Caprazoppa a ovest, e di Capo Noli a est. L’abitato è attraversato da tre torrenti: il Pora, lo Sciusa e l’Aquila.
La struttura urbanistica di Finale Ligure si articola in tre nuclei principali, fino al 1927 comuni distinti: Finalmarina, la zona di più recente urbanizzazione grazie al turismo, Finalpia sita sulla costa che conserva la struttura originaria della città e Finalborgo, il capoluogo dello storico Marchesato del Finale circondato dalle antiche mura quattrocentesche e sovrastato dai castelli Govone e San Giovanni.
Chiuso tra mura medievali ancora ben conservate, intervallate da torri semicircolari e interrotte solo in corrispondenza delle porte, il Borgo di Finale Ligure offre subito al visitatore una sensazione di protezione e raccoglimento.
Noli è situato in un’insenatura chiusa a est dall’Isola di Bergeggi e a sud-ovest dal capo dallo stesso nome alla foce del torrente Luminella.
Questa località è un centro rinomato per il suo suggestivo antico borgo marinaro, con strette viuzze, i tipici caruggi. Quello nolese è rimasto uno dei pochi borghi costieri ad avere ancora oggi pescatori locali che ogni notte escono in mare con le loro piccole barche a motore e tornano la mattina con il pescato freschissimo. Oggi Noli è un’importante stazione balneare della Riviera di Ponente, con bellissime spiagge con sabbia bianca. Inoltre, il mare di Noli è particolarmente adatto per le immersioni. I fondali, che superano i 35 metri di profondità sono ricchi di pesci, cavallucci marini, calamari, rane pescatrici e piccole aragoste. La limpidezza dell’acqua permette anche riprese subacquee.
In Lombardia visite e programmi vertono sul centralissimo Castello Sforzesco (Milano).
Sabato 11 maggio l’Istituto offrirà un incontro di studio aperto al pubblico sul fortilizio milanese (Il Castello Sforzesco e Milano. Luca Beltrami: il restauro del castello di Milano come atto politico) e una mostra sulle figure che hanno segnato la storia della Sezione Lombardia dell’Istituto Italiano dei Castelli ospitati all’ Auditorium della Fondazione AEM, mentre domenica 12 maggio tre turni di visite guidate gratuite saranno condotte dai volontari della onlus al castello.
Nel 1991, per l’ottimo riutilizzo e l’accurata manutenzione, l’Istituto Italiano dei Castelli ha conferito al Castello Sforzesco la targa di segnalazione. A partire dalla fondazione dell’Istituto, molte sono state le attività di studio, ricerca e divulgazione scientifica proposte dalla Sezione Lombardia sul castello e nel castello stesso, le Giornate Nazionali dei Castelli che coincidono con la celebrazione del sessantesimo anno di attività della Onlus sono dunque l’occasione per ricordare questo importante connubio e gli studiosi che lo hanno promosso nel tempo.
Un tranquillo asilo di arte e di memorie cittadine così l’architetto Luca Beltrami nel 1912 chiudeva il resoconto dei decennali lavori che avevano trasformato il Castello Sforzesco, l’invisa fortezza, in un luogo privilegiato, sede delle raccolte museali e delle biblioteche specialistiche di Milano.
La fisionomia dell’imponente edificio era stata rispettata nei volumi dei sotterranei e degli ambienti come degli spazi aperti; il restauro aveva accentuato i caratteri castellani con la ricostruzione degli spalti e, sulla fronte principale, l’innalzamento di una torre a memoria di quella eretta dall’architetto principe della prima età degli Sforza, Antonio Averulino detto il Filarete.
Le fasi salienti della storia del Castello Sforzesco sono individuabili nella fondazione di età Viscontea, a cavallo della cinta muraria medioevale, nella celebre dimora rinascimentale che accolse le sperimentazioni pittoriche di Leonardo da Vinci e nella fortezza dei regnanti spagnoli e austriaci.
Non più periferico, ma inglobato ormai in una metropoli, in questi anni il Castello Sforzesco è al centro di flussi di visitatori, di addetti ai lavori, di studiosi; è tuttora oggetto di nuove indagini dedicate alla struttura architettonica, unica e straordinaria testimonianza emergente nella città di Milano.
I soci volontari della sezione Marche dell’Istituto Italiano Castelli rendono protagonista sia sabato 11 che domenica 12 maggio un altro borgo straordinario, quello di Sassocorvaro (PU) con la sua ben conservata rocca. Seguirà nel pomeriggio una visita guidata al borgo fortificato di Frontino e di seguito all’adiacente antico monastero di Montefiorentino.
Domenica 12 maggio il magnifico piccolo teatro della Rocca di Sassocorvaro ospita Da Sassocorvaro e Francesco di Giorgio a Piero Gazzola. Il restauro architettonico oggi: studi, ricerche ed esperienze nelle Marche, convegno scientifico organizzato in occasione del sessantesimo anniversario dell’Istituto Italiano dei Castelli.
In occasione delle Giornate, la rocca sarà ad ingresso gratuito per i partecipanti alle Giornate e in entrambi i giorni è possibile anticipare e posticipare gli orari di visita.
Realizzata da Francesco di Giorgio Martini intorno al 1475 per volontà del Duca Federico di Montefeltro, la Rocca di Sassocorvaro è un tassello importante dell’imponente sistema difensivo a protezione di Urbino, capitale del Montefeltro, tanto da essere considerata “una delle opere più straordinarie e fondamentali del Rinascimento”. Siamo nel così detto “Periodo di transizione”, in cui si passa dall’arma bianca all’arma da fuoco, la bombarda, la “Diabolica invenzione”. I castelli medievali, ormai obsoleti e inadatti a resistere alla forza d’urto delle nuove armi, vengono un po’ alla volta soppiantati da rocche e fortificazioni, costruite per reggere più efficacemente l’impatto delle armi da fuoco.
La Rocca di Sassocorvaro è ben altro dallo straordinario maniero di guerra. Sassocorvaro apparteneva (dal 1474) al conte Ottaviano Ubaldini, fratello di Federico, suo “Alter ego” “colui che el stato quasi sempre governava”, uomo di straordinaria cultura e sapienza, amico delle Muse, principe italiano dell’astrologia e grande esperto di alchimia e di esoterismo. Ottaviano ha voluto che l’edificio fosse rappresentativo di quella sintesi (diarchia) che andava realizzando al fianco di Federico nella conduzione del ducato. Questa volontà emerge già dalla scelta della pianta della Rocca che ha la forma di tartaruga e rappresenta, con il guscio, l’impenetrabilità, come voleva Federico, ma con l’interno del guscio stesso, con l’animale vivo, esalta l’uomo pensante. Si vuole intendere cioè che l’edificio va visto come luogo dove esercitare il pensiero, dove acquisire “virtude e conoscenza”. La costruzione è una specie di “Libro di pietra” che racconta, attraverso simboli, il messaggio lasciatoci da Ottaviano, come si percepisce chiaramente osservando le forme e gli spazi molto particolari, lontani dalle tipologie delle strutture militari e molto più vicine a quelle di un palazzo e, perché no, di un “convento”. Pertanto la Rocca va vista come “Arx e Domus, elementi eterogenei fusi in una sola costruzione governata da una superiore armonia”. Il grande merito di F. di Giorgio Martini è quello di aver saputo fondere le richieste di Federico e quelle di Ottaviano, così diverse, opposte e complementari tra loro realizzando un complesso caratterizzato da una “armonia superiore”, che non ha uguali, “unico nel suo genere”.
Nel corso della seconda guerra mondiale, la Rocca di Sassocorvaro è stata scelta dal soprintendente Pasquale Rotondi come “arca dell’arte” ovvero rifugio di una parte significativa del patrimonio artistico italiano (circa 10.000 pezzi), per “la più grande concentrazione di opere d’arte mai realizzata in Italia in tempo di guerra” oggetto della mostra tenutasi alle scuderie del Quirinale nel 2023.
Le Giornate Nazionali dei Castelli in Molise offrono visite guidate, convegni e concerti.
Sabato 11 maggio, all’interno delle mura di un castello molisano, si terrà un concerto a cura del Conservatorio “Lorenzo Perosi” di Campobasso.
Domenica 12 maggio la mattina il convegno aperto al pubblico ‘Giovanna I Regina di Napoli e i Castelli angioini in Molise’ precede la visita della Torre angioina di Colletorto (Campobasso); il pomeriggio visita al Borgo fortificato di Montorio nei Frentani nella stessa provincia a cui segue la visita alla chiesa madre per ammirare l’”Annunciazione” cinquecentesca di Teodoro D’Errico.
L’antica Collis Tortus, come risulta dai registri angioini del 1273 insieme con il suo primo feudatario, Guglielmo d’Anglona, era un borgo murato con andamento urbanistico circolare. La difesa dell’abitato col torrione cilindrico fu opera angioina, così come ipotizza il Tria, realizzata al tempo della Regina Giovanna I d’Angiò, il cui regno iniziò nel 1343 e terminò nel 1382.
La torre fu edificata su una parte dell’area occupata in precedenza da un vecchio impianto fortificato normanno, del quale rimane il tracciato quadrato del perimetro murario all’interno della torre. Il complesso normanno comprendeva mura e castello, sui cui ruderi, nel 1700 fu costruito il palazzo dei Marchesi Rota, restaurato nella seconda metà del 1900 e utilizzato attualmente come sede municipale.
La Torre di Colletorto è situata nella parte sud-est dell’abitato, di fronte alla chiesa di S. Giovanni Battista. La sua posizione consentiva il controllo del territorio caratterizzato dall’ampia vallata del fiume Fortore, un tempo solcata dalla transumanza che avveniva sull’importante percorso tratturale Celano-Foggia.
Alla torre si accede attraverso una scalinata esterna che parte dalla piazza antistante. La struttura architettonica, di forma cilindrica perfetta priva di evidente rastrematura, s’innalza per ben 25 metri d’altezza. La torre di Colletorto è una delle poche del genere nel Molise (vanno ricordate quelle di Roccapipirozzi e di Campochiaro) mentre torrioni svevo-angioini cilindrici simili sono presenti più numerosi in Puglia e in Abruzzo.
I primi feudatari di Montorio che la storia ricordi, siamo nel 1167, furono Vitus Avalerius e Henricus de Ceria, ognuno dei quali possedeva la metà del feudo. Non è ancora chiarita la doppia natura del possesso anche se si può ipotizzare che l’uno avesse sotto la propria giurisdizione la rocca e l’altro la terra murata.
Successivamente, in epoca angioina, il feudo passò ai Molisio fino al matrimonio di Tommasella, primogenita di Guglielmo, con Riccardo Monforte di Gambatesa dal quale ebbe Carlo che durante la sua reggenza riuscì a riunire il feudo.
Il borgo fortificato di Montorio è caratterizzato da due agglomerati urbani ben distinti e facilmente individuabili. Si tratta più precisamente dell’espressione architettonica derivata da due fasi di sviluppo che hanno segnato il centro frentano.
Lungo la cortina muraria correva la strada principale detta Capo di vaglia (oggi Via Garibaldi), luogo questo, dove si impiantarono, secondo la tradizione, a metà del XV secolo le famiglie greco-epirote scampate alle persecuzioni ottomane.
Uno dei capolavori della storia dell’arte europea si trova a Montorio nei Frentani. E’ un’Annunciazione dipinta su tavola da Teodoro D’Errico poco prima del 1580.
L’opera è sempre stata nel paese, ma gli abitanti ignoravano il suo elevato valore; grazie all’aiuto dell’architetto Franco Valente, presidente della locale sezione dell’Istituto Italiano, il dipinto è stato rivalutato e fu selezionato per l’Expo 2015 di Milano, protagonista insieme ad altre opere d’arte italiane.
In Piemonte sia sabato 11 che domenica 12 maggio è aperto alle visite guidate il castello di Volpiano di proprietà privata, la cui prima pietra risale al XIV secolo. Sorge su una formazione collinare di forma allungata ai confini della Riserva naturale della Vauda e domina il sottostante abitato. Le attività si svolgeranno anche in caso di maltempo. Oltre al sopralluogo ai resti del castello, sono previste conferenze illustrative e visite ad altri siti di interesse storico-culturale del territorio.
Il complesso ebbe un ruolo strategico di rilievo fino all’inizio del Seicento, quando entrò a far parte dei possedimenti sabaudi: fu, infatti, protagonista delle vicende militari della prima metà del XVI secolo in quanto presidio imperiale alle porte di Torino, all’epoca sottoposta al dominio francese.
Le prime testimonianze risalgono al 1014, anno in cui il luogo, descritto «cum castello et capella», era dipendenza dell’abbazia di San Benigno di Fruttuaria. Non sono, però, pervenute evidenze materiali riferibili a tale fase. La cronaca trecentesca del notaio novarese Pietro Azario, riferendo l’episodio della conquista del castello da parte delle truppe di Giovanni II di Monferrato verso il 1340, lo descrive composto da «un muro altissimo e merlato […] sovrastato da un’eccelsa torre nella quale abitava in permanenza un custode». Il passaggio sotto il controllo marchionale fu seguito da interventi di potenziamento: la superficie difesa venne ampliata con l’aggiunta di un nuovo muro e al suo interno fu costruito un palazzo.
In assenza di dati per il XV secolo, determinante è una carta del borgo realizzata da un anonimo ingegnere nell’imminenza dell’assedio del 1555, culminato con la presa e la parziale distruzione del castello per opera dell’esercito francese. Essa, che trova puntuali riscontri nei ruderi odierni, rappresenta una fortificazione già aggiornata “alla moderna”, estesa su più livelli in direzione sud-est nord-ovest. Il forte presenta una forma a punta di freccia rivolta verso il borgo; il fronte ovest è costituito da una cortina con paramento murario in laterizio, protetta da torri cilindriche verso sud e da un bastione a nord; i lati meridionale e settentrionale risultano entrambi bastionati. Nel livello intermedio è indicato un nucleo murato di forma ottagonale: probabilmente si tratta del castello bassomedievale, declinato nel tempo per assolvere a funzioni prioritariamente residenziali. In alzato non si è conservato alcunché, ma è ancora leggibile il terrazzamento sistemato a prato. Il terzo livello, a ovest, era separato da una tagliata dal resto del forte, e lo proteggeva grazie a un ampio baluardo rivolto verso la Vauda.
I resti della fortezza giunte sino a noi comprendono il fronte bastionato del livello inferiore verso il borgo; in particolare, nell’area sud-orientale, in corrispondenza di un varco forse corrispondente all’accesso principale, sopravvivono i resti della torre cilindrica sud, con tratti di cortina, e del bastione nord.
Il castello, nel XV secolo, costituiva il fulcro di un articolato sistema difensivo, che comprendeva un ricetto, esteso all’area pianeggiate a ridosso del rilievo su cui il castello stesso sorgeva, e una più ampia cinta muraria, sopravvissuta sino al principio del XIX secolo, che proteggeva l’intero borgo.
In Puglia i soci volontari dell’Istituto Italiano Castelli offrono una giornata di studi al Castello Svevo (Bari) il giorno 10 maggio dalle 9.30 alle 13.15 aperta anche ai non addetti ai lavori. Tra i relatori, la presidente della onlus Istituto Italiano Castelli Michaela Stagno D’Alcontres, i membri del consiglio scientifico dell’istituto Italiano Castelli (Enrico Lusso, Presidente, Antonella Calderazzi vice presidente), rappresentanti del MIC, soprintendenti, studiosi che, in occasione del 60mo anniversario della fondazione dell’Istituto, discuteranno sulla tutela dei castelli pugliesi tra restauro e futuro. Rimandata alle Giornate Nazionali dei Castelli di settembre la visita, su itinerario inedito, al Castello Alfonsino detto anche ‘Forte a Mare’ di Brindisi. Di epoca aragonese, sorge sull’isola di Sant’Andrea e la sua costruzione si inserisce nel programma di fortificazione della costa orientale del Regno di Napoli, attuato dagli Aragonesi dopo la caduta di Costantinopoli per opera di Maometto II (1453).
In Sicilia protagonista domenica 12 maggio dalle 9 alle 20 il castello di Taormina o del Monte Tauro, la cui prima pietra risale al X secolo. Chiuso per circa trent’anni, nel recente passato è stato oggetto di un accurato e indispensabile intervento di restauro e adeguamento funzionale realizzato dalla Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Messina che, insieme ai lavori di messa in sicurezza della scalinata d’accesso, della parete rocciosa limitrofa e della realizzazione dell’illuminazione dell’area, a cura dell’Amministrazione comunale, ne hanno consentito la riapertura e la libera fruizione, anche notturna, come polo culturale.
Ubicato in posizione preminente rispetto alla sottostante città di Taormina, sin dalla sua origine ha rappresentato un punto di guardia e di controllo del passo tra la valle del fiume Alcantara e il mare Jonio.
In sinergia con il sovrastante Castello di Mola e le fortificazioni urbane di Taormina, delle quali oggi rimangono Porta Messina sul lato nord, Porta Catania sul lato sud e la intermedia, ricostruita, Torre dell’Orologio, la fortezza ha risposto, nel corso della storia, alle esigenze di difesa degli abitanti insediati.
Da esso si gode un panorama mozzafiato a 360°. A nord lo Stretto di Messina, a sud la valle del fiume Alcantara e le pendici dell’Etna, sullo sfondo la città di Catania, e ancora, a ovest i monti Peloritani.
La bellezza ed il mistero che il Castello di Taormina promana non passano inosservati a chi lo ammira e ciò che più colpisce è l’equilibrio tra l’ambiente naturale e quello antropizzato dall’uomo nei secoli. In un caleidoscopio di paesaggi unici come pochi al mondo.
Il complesso monumentale sorge sul Monte Tauro a 396 m. s.l.m., dov’era l’acropoli greca. Fondato dagli Arabi nel 902 e per questo detto “saraceno”, faceva parte del sistema di fortificazioni costruite in tutta la Sicilia in punti naturalmente strategici. Al castello si accede attraverso una scalinata intagliata nella roccia, che partendo dalla suggestiva chiesetta della Madonna della Rocca si inerpica fino a raggiungere la porta, a sua volta preceduta da un avancorpo scoperto e presidiato da camminamenti di ronda, ha forma trapezoidale con un imponente mastio. Sul lato sud si erge, su un’alta scarpata, una torre con la garitta per la sentinella e la campana d’allarme.
Nel pomeriggio il prestigioso Palazzo dei Duchi di Santo Stefano (XIV sec.), oggi sede della Fondazione Mazzullo, ospiterà alle ore 15 la tavola rotonda Il futuro del patrimonio fortificato siciliano. Progetti e Prospettive. Ne parleranno insieme rappresentanti dell’Istituto Italiano dei Castelli, delle istituzioni regionali e locali e delle associazioni culturali del territorio.
In Sardegna saranno protagonisti i forti della costa nord della Sardegna, parte del più ampio sistema difensivo che interessava anche l’intero arcipelago di La Maddalena, con visite guidate a cura degli studenti del Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II di Cagliari che svolgono ormai da molti anni con i volontari della sezione locale dell’Istituto Italiano Castelli nell’ambito di un interessante percorso di progetto PCTO (ex alternanza ‘scuola-lavoro’) e con la collaborazione dell’Università degli Studi di Cagliari che dal 2018 ha condotto approfonditi studi sul patrimonio fortificato anche grazie alla collaborazione con il Ministero della Difesa.
Sabato 11 e domenica 12 maggio è in programma la straordinaria apertura e visita a un sito di
particolare interesse storico-architettonico e paesaggistico: il forte, noto anche come Opera Capo
d’Orso. Si tratta di un significativo e complesso sistema militare di batterie, casematte e fortificazioni, realizzato a partire dalla fine del XIX secolo a difesa dell’arcipelago di La Maddalena e dell’area costiera nel tratto compreso tra Punta Altura e Capo d’Orso, comprendente le postazioni di Montiggia e Punta Sardegna.
In Toscana protagonista Firenze (il 17 maggio) con un convegno sulla memoria di Gazzola e sul restauro dei castelli con interventi di Nicoletta Maioli (Presidente IIC Toscana), Domenico Taddei (IIC) e Maurizio de Vita, architetti e docenti universitari.
In Trentino Alto Adige protagonista sabato 11 maggio il Forte Belvedere che ora è un monumento alla pace e alla condanna delle atrocità della guerra, visitato da oltre 28.000 persone all’anno.
Werk Gschwent di Lavarone, oggi meglio noto come Forte Belvedere, è l’unica struttura ben conservata e visitabile delle sette fortezze costruite dagli austriaci all’inizio del XX secolo per fronteggiare una possibile invasione italiana (verso Trento). Oggi è una testimonianza unica in quanto sede museale delle vicende della guerra sugli altipiani e alla Prima Guerra Mondiale in generale.
Il forte viene costruito a partire dal 1908 in località Gschwent su uno sperone di roccia calcarea (di quota 1177) a strapiombo sulla Val d’Astico, con funzioni di cerniera tra i forti della zona di Vezzena (Luserna, Verle e Cima Vezzena) e di Folgaria (Cherle, Sommo Alto, Dosso delle Somme).
Nel secondo dopoguerra il forte diventa proprietà della Regione Trentino-Alto Adige finché, nel 1966, viene acquistato da privati (la famiglia Osele di Lavarone) che, sgombrate le macerie, ricostruite in cemento le forme delle cupole originali, ripristinata l’illuminazione interna, lo rendono visitabile.
Grazie a questo provvidenziale intervento, il forte si trasforma in “museo di sé stesso” e riesce a conservarsi fino al 1996, quando viene acquistato dal Comune di Lavarone che procede al restauro conservativo in collaborazione con la Provincia Autonoma di Trento e alla valorizzazione del sito, trasformando la struttura in organico museo dedicato al forte, ma anche ai principali eventi e ripercussioni del primo conflitto mondiale in scala locale e internazionale.
L’Umbria apre sia alle visite guidate che a una conversazione aperta al pubblico sabato 11 maggio il castello ed il borgo fortificato di Antria nel comune di Magione (PG) sorto sulla sommità di un colle sui resti di un antico pagus romano che rivestì un ruolo importante nella rete viaria alto-medievale, per la sua posizione strategica. La necessità di difendere il transito e i commerci comportò la fortificazione dell’insediamento che , citato per la prima volta nel 1185 in un documento che ne attribuiva la proprietà alla canonica perugina di San Lorenzo, nel 1258 viene indicato come castrum dotato di una robusta cinta muraria.
L’economia dell’area, grazie alla presenza di corsi d’acqua, era prevalentemente agricola, ma non mancavano attività artigianali tra le quali emergevano la coltivazione di piante tintorie e la produzione di laterizi. Il coinvolgimento del castello in svariate vicende belliche provocò distruzioni e rifacimenti: tra il 1260 e il 1364 fu gravemente danneggiato dalle continue incursioni di fuoriusciti perugini e di soldati mercenari fra cui l’arrivo nel territorio perugino della compagnia di ventura inglese di Giovanni Acuto (John Hawkwood).
Nel 1426 si arrese a Braccio Fortebracci da Montone che proprio nel castello ricevette gli ambasciatori perugini Sacco Saccucci, Andrea di Guidarello, Andrea Guidoni e Cianello d’Alfano Alfani.
L’odierna Antria si presenta come un luogo suggestivo dalla forte connotazione medievale a cominciare dalla porta principale che rivela la presenza in passato del ponte levatoio, per proseguire con la cinta muraria in gran parte in buono stato di conservazione caratterizzata da solide torri perimetrali; al suo interno le case, strette le une alle altre, si affacciano su vicoletti, alcuni voltati, che afferiscono a due piazzette con al centro i relativi pozzi. Fuori dagli itinerari turistici, il borgo nel quotidiano è un luogo del silenzio, ma si anima in due precisi momenti dell’anno attorno all’accensione del forno medievale di comunità che chiama a raccolta gli abitanti rimasti dentro e fuori le mura. Il forno, che ha sede nella quattrocentesca Confraternita di San Rocco e Sant’Antonio Abate, nei giorni immediatamente precedenti la Pasqua vede perpetuarsi una tradizione che ha un vago sapore di ritualità: le donne portano a cuocere la torta di Pasqua, il tipico pane pasquale umbro, che verrà benedetta il Sabato Santo e portata in tavola per la prima colazione la Domenica mattina insieme ad altri cibi benedetti. Il forno si riaccende per la festosa sagra estiva dell’Oca, simbolo della riscoperta dei tradizionali valori contadini, che richiama locali e turisti a far rivivere, anche se per pochi giorni, questo caratteristico ed unico borgo medievale.
In Veneto viene proposta la riscoperta di Verona sia sabato 11 con un importante convegno che domenica 12 maggio per le visite guidate alle mura e ai forti del sistema difensivo della città cardine del Quadrilatero asburgico con le città di Peschiera, Mantova e Legnago.
I volontari della sezione Veneto dell’Istituto Italiano Castelli invitano il pubblico di esperti ed appassionati ad una due giorni di incontri a Verona e in altri castelli della regione in altri weekend di maggio. Con il Comune di Verona, la Soprintendenza, l’Ordine degli Architetti e l’associazione Archivio Piero Gazzola, il convegno, architetture di origine militare: dal restauro alla fruizione contemporanea presenta due recenti pubblicazione sull’opera di Piero Gazzola con una riflessione sulle opere di restauro di architetture militari realizzate nel corso del tempo a Verona. Un dialogo tra progetto, gestione e fruizione pubblica per meglio comprendere come il recupero dell’architettura fortificata in questi 60 anni è cambiato.
A Verona le visite guidate si estendono, in collaborazione con le associazioni veronesi, alla riscoperta delle mura urbane e dei forti della città, per ricordare che la città è protetta dall’Unesco per il patrimonio fortificato stratificato nei secoli a partire dall’età romana, proseguita nei periodi degli Scaligeri e dei Visconti, poi rafforzato ed ampliato dalla Repubblica di Venezia e dall’Impero Asburgico. Sarà nuovamente visitabile Forte Monte Tesoro, uno dei più importanti forti corazzati italiani realizzati nei primi decenni del ‘900. Le visite guidate al forte si estenderanno anche oltre le giornate dell’ 11-12 maggio 2024. I soci volontari della Onlus organizzatrice delle Giornate aprirono le prime visite a questa architettura – con enorme successo di pubblico – nelle Giornate di qualche edizione fa, non appena fu riaperta al pubblico: il Forte è stato infatti recentemente restaurato e la sua seconda vita offre alla cittadinanza ed i visitatori una nuova funzione culturale e turistica
Il 18 maggio continuano le GNC a Conegliano Veneto con il Convegno: memoria e restauro delle fortificazioni nella città contemporanea, seguiranno le visite guidate al castello.
Premio di Laurea sull’Architettura Fortificata 2024
L’Istituto Italiano dei Castelli Onlus (IIC) nell’ambito delle iniziative promosse per incoraggiare le nuove generazioni allo studio storico, archeologico ed artistico del patrimonio fortificato italiano nonché la sua valorizzazione, presenta il
XXVII PREMIO TESI DI LAUREA SULL’ARCHITETTURA FORTIFICATA.
Il Premio consiste in assegni per complessivi 4.500 euro di cui beneficiano le prime tre tesi di laurea ritenute più meritevoli tra quelle pervenute. La commissione di concorso è composta da membri del consiglio scientifico dell’IIC nonché da docenti di chiara fama delle università italiane. Un estratto delle tesi premiate possono altresì essere pubblicate sulle riviste Castellum/Cronache Castellane oppure su un numero monografico della collana Castella.
Il bando si rivolge ai laureati in Conservazione e restauro dei beni culturali, Archeologia, Architettura e Ingegneria edile – Architettura, Conservazione dei beni architettonici e ambientali, Progettazione e gestione dei sistemi turistici, Scienze per la conservazione e restauro dei beni culturali, Scienze storiche, Storia dell’arte, che abbiano svolto tesi di laurea magistrale o quinquennale in Italia su tematiche castellane nell’ambito della ricerca scientifica storico-critica, del rilievo dei monumenti, del restauro architettonico, del riuso e riqualificazione, di un complesso fortificato italiano (torre, castello, forte o borgo murato).
Sono ammessi al concorso i laureati che abbiano discusso la Tesi negli anni 2022/2024 (entro il 30 aprile).
SCADENZA DELLA PRESENTAZIONE DELLE DOMANDE: 30 GIUGNO 2024
La premiazione è ospitata in una manifestazione aperta al pubblico che avviene ogni anno (in autunno) in una città italiana diversa alla presenza non solo della giuria ma anche di altri docenti ed esperti del settore. Al termine della premiazione sarà prevista l’esposizione di una sintesi delle tesi premiate che verranno illustrate dagli autori con l’ausilio di strumenti multimediali.
Ulteriori info: https://www.istitutoitalianocastelli.it/premio-di-laurea/
Giornate Nazionali dei Castelli:
Dopo il successo del weekend di maggio, la XXIV edizione continua su due weekend: 16-17 e 23-24 settembre 2023 in 12 regioni italiane
Grandi città e piccoli centri animati da visite guidate gratuite, attività culturali e itinerari speciali a nord, al centro, a sud della penisola – isole comprese.
23 tra fortezze, torri, cinte murarie, edifici fortificati e altre architetture a cui si aggiungono itinerari a piedi, suggerimenti per un weekend, conferenze, mostre
Le architetture protagoniste raccontate in diversi stati di conservazione, fruizione, destinazione e valorizzazione.
Forte Aurelia (Roma) si apre per la prima volta al pubblico
Il mondo dell’istruzione protagonista delle Giornate Nazionali 2023
L’Istituto Italiano Castelli, onlus a carattere scientifico fondata da Piero Gazzola nel 1964, per la prima volta nella sua lunga storia celebra la XXIV edizione delle Giornate Nazionali dei Castelli in un triplo weekend.
Il primo si è tenuto il 13 e 14 maggio e le fortezze italiane sono state celebrate con visite guidate e altre attività culturali che continueranno anche dal 16 al 24 settembre, con gli eventi che si svolgono il 23 e 24 settembre parte anche del ricco calendario delle Giornate Europee del Patrimonio organizzate dal Consiglio d’Europa, d’intesa con il MIC (Ministero della Cultura) che patrocina le Giornate Nazionali dei Castelli sin dalla prima edizione.
In occasione del doppio appuntamento di settembre, i volontari della onlus scelgono molti siti selezionati solo per queste Giornate, da nord a sud della penisola isole comprese.
Con tre weekend di visite nel 2023, il valore ed il riutilizzo delle architetture fortificate italiane in ogni stato di conservazione potrà essere vissuto da numeri sempre più importanti di appassionati e turisti.
I visitatori avranno anche a disposizione itinerari culturali aggiuntivi per la maggior parte percorribili a piedi.
Studiati e condotti dagli esperti e studiosi della onlus organizzatrice, hanno lo scopo di contestualizzare le architetture e la loro storia nel paesaggio e nella comunità territoriale a cui appartengono da secoli e per la quale potrebbero essere volano di una seconda opportunità di rilancio.
‘E’sempre difficile scegliere dove trascorrere un fine settimana in Italia durante le Giornate Nazionali dei Castelli. Quest’anno abbiamo deciso, raddoppiando gli sforzi organizzativi, di aggiungere siti collaterali e numerosi itinerari turistici a piedi che famiglie e turisti hanno molto gradito negli anni precedenti. E, d’intesa con le forze armate che lo gestiscono e lo stanno riportando a una nuova funzione museale che vedrà la luce tra due anni, apriamo per la prima volta alle visite guidate, a Roma, il Forte Aurelia in restauro. ’ afferma l’imprenditrice siciliana Michaela Marullo Stagno D’Alcontres, nuova presidente della onlus organizzatrice.
‘Facendo seguito al grande impegno durante la presidenza di Fabio Pignatelli della Leonessa ,volto ad ampliare la comunicazione e a dare maggiore risalto alle Giornate Nazionali dei Castelli, è stata prevista, oltre alle date di maggio, una seconda replica delle Giornate , sia il weekend del 16 e 17 settembre che quello del 23-24 settembre quando, aderendo alle Giornate Europee del Patrimonio, saranno aperti sia alcuni siti di maggio che altri nuovi. Siamo fiduciosi di poter contare, per la buona riuscita delle Giornate, sulla collaborazione delle amministrazioni locali, delle scuole e delle università ,delle soprintendenze , dei mezzi di comunicazione e di tutte le associazioni con le quali abbiamo accordi nazionali tra cui l’ASI, l’UNPLI e molte altre.
La sinergia tra pubblico e privato è l’altro faro guida nell’attività volontaria per l’Istituto: diamo vita a progetti di pubblica utilità che sottolineano ancora una volta la cura del bene comune e la valorizzazione di fortificazioni ad alto valore simbolico.
Ultimo testimone è il progetto di illuminazione della cortina esterna del Forte del SS. Salvatore di Messina, monumento del cuore per i cittadini messinesi e per i visitatori; il suo lungo bastione nel porto cittadino ora risplende di notte e permette di sfruttare uno spazio sottoutilizzato nelle ore serali.
A breve inizieranno i lavori dell’illuminazione artistica del monumento e ciò consentirà alla cittadinanza di sentirsi unita in importanti fasi della vita, come accaduto con l’illuminazione tricolore durante la pandemia e la visita alla città del Capo dello Stato.
I castelli italiani sono un tesoro composto di storia, di geografie sociali, di gesta di donne e uomini che nei secoli hanno animato, popolato e guidato territori, economie, grazie alla cultura del saper fare italiano. Salvaguardare i castelli non è solo materia di architettura, restauro, filologia ed alto artigianato ma un coacervo di azioni che riportano in luce siti spesso dimenticati ma legati indissolubilmente a città e borghi, vallate e belvederi. Un progetto adeguato di valorizzazione del patrimonio castellano consentirà alle generazioni future di ritrovare i segni tangibili della storia. Inoltre, il turismo castellano sarebbe capace di muovere grandi interessi e di risvegliare anche le aree più interne delle nostre regioni rivalutando l’economia e le risorse locali.
Il nostro impegno nello studio, nel censimento e nella salvaguardia di forti, torri, bastioni e cinte murarie, di piccoli e grandi castelli in ogni stato di conservazione si protende soprattutto verso i giovani. E’ stato prioritario anche in questa edizione per l’Istituto coinvolgere numerose scolaresche a ideare e partecipare in prima persona alle visite come accade ad esempio in Sardegna dove per il terzo anno consecutivo i protagonisti sono gli studenti di un convitto di Cagliari .
Le Giornate Nazionali dei Castelli che quest’anno sono giunte alla XXIV edizione, sono sicuramente uno strumento indispensabile e di grandissima potenzialità per la crescita dell’associazione. Lo stesso dicasi per il nostro Premio di Laurea (di cui a Messina organizziamo una speciale mostra in occasione dei 20 anni), per le attività scientifiche, per le varie pubblicazioni, tra cui le riviste Castellum e Cronache Castellane, la collana editoriale Castella.’ conclude.
L’Abruzzo, una delle regioni più ricche di architetture fortificate d’Italia, dopo il successo delle visite dedicate a Teramo a maggio dove sono state illustrate la cinta muraria, le porte della città ed un castello privato, celebra Vasto sabato 23 settembre con una passeggiata guidata alle mura cittadine per l’intera giornata. Al termine della giornata, i volontari dell’Istituto Italiano Castelli inaugurano la seconda delegazione regionale in città dopo quella ubicata nel capoluogo l’Aquila.
La cinta muraria cittadina si ricollegava al castello Caldoresco tramite la porta Castello, non più presente. Parte delle mura furono stravolte nel XX secolo con l’aggiunta di abitazioni e la realizzazione nel lato sud dello spiazzo di largo Guglielmo Marconi: saranno illustrati durante la visita la Torre di Bassano, Porta Catena, la Torre di Diomede e quella di Santo Spirito, Porta Nuova e la Chiesa di Santa Maria Maggiore (XI sec.), il Duomo di Vasto. Dopo pranzo, visita a Palazzo d’Avalos ed una speciale passeggiata archeologica su via Adriatica che include la chiesa di San Pietro ed il complesso termale di Vasto, l’antica Histonium, il più esteso su tutta la fascia costiera adriatica dell’Italia centro-meridionale.
La Basilicata apre sia il 16 che il 17 settembre con visite guidate gratuite Valsinni, castello di proprietà privata ottimamente conservato ed edificato dal X all’XI sec. da probabile ampliamento di una precedente fortificazione longobarda: si erge sull’abitato, in posizione dominante sul territorio circostante e, in particolare, sull’ultima chiusa del fiume Sinni prima che questo sfoci nel Mar Ionio. La storia del maniero lascia trasparire una complessa stratificazione architettonica ancora non pienamente decifrata e oggetto di ricerche archeologiche.
Il piccolo centro abitato è anche uno dei primi parchi letterari d’Italia, con cui i membri dell’Istituto Italiano Castelli collaborano per realizzare un ricco programma durante le Giornate Nazionali dei Castelli. Va ricordata, inoltre, la manifestazione annuale “L’Estate di Isabella” che offre eventi culturali, itinerari poetici, mostre temporanee, spettacoli teatrali e rassegne gastronomiche con giovani in costume che accolgono i visitatori sulle note dei menestrelli, all’ombra dell’imponente castello.
La figura di Isabella Morra, letterata petrarchista della prima metà del XVI secolo, è legata, infatti, al castello: proprio nella rocca ha vissuto in condizione di isolamento e segregazione fino alla prematura scomparsa per mano dei fratelli, in seguito alla scoperta di una presunta relazione della nobildonna con Diego Sandoval de Castro, barone di Bollita (la vicina Nova Siri). La tragica vicenda biografica di Isabella Morra è rimasta a lungo nell’oblio, fino alla riscoperta condotta da Benedetto Croce nel primo Novecento e alle recenti riletture femministe, prevalentemente in ambito statunitense, dei componimenti letterar
In Lazio per la prima volta si apre al pubblico, sabato 16 settembre, il Forte Aurelia, in collaborazione con la Guardia di Finanza. Radiato dalle fortificazioni dello stato nel 1919, pur mantenendo un uso militare fino al 1944, dallo stesso anno è diventato posto di soccorso della Croce Rossa Italiana e nel 1958 è sede del Centro Logistico della Guardia di Finanza. Il Forte Aurelia, costituisce una presenza storica significativa in un’area densamente abitata e nel contempo si pone come la propaggine estrema della Riserva Naturale della Valle dei Casali. Il recupero di Forte AURELIA, prevede la realizzazione di un sistema museale ed espositivo temporaneo, di una sala polifunzionale, di un’ampia area a verde, ecc. tutto questo può far diventare il forte un importante attrattore culturale a servizio sia dell’ambito urbano in cui è inserito che della città intera. Gli interventi di recupero iniziati nel 2017 stanno riportando forte Aurelia al suo impianto originario.
Forte Aurelia (1877-1881) è tra i primi forti realizzati del costruendo Campo Trincerato di Roma , si colloca lungo la strada romana Aurelia a circa tre chilometri dalla porta urbana San Pancrazio. Il presidio del forte, in fase di mobilitazione poteva ospitare un presidio di 510 uomini ( 350 fanti, 150 artiglieri e 10 ausiliari) che poteva ulteriormente espandersi fino a 700 uomini. Il forte era armato di 22 cannoni, obici e mortai, posizionati allo scoperto sul terrapieno del fronte offensivo e nei fianchi.
L’impianto storico del forte è riconducibile ad un disegno di un trapezio isoscele, con fronte bastionato di gola e da un fronte offensivo a sviluppo rettilineo con una caponiera centrale e da due simmetriche caponiere poste agli angoli a difesa del fossato secco perimetrale. Il forte è dotato di due polveriere sotterrane.
L’accesso al forte era protetto da un “rivellino” terrapienato a forma triangolare da cui si accedeva attraverso un ponte levatoio.
Il fronte di gola configurato a “C” aperta è costituito da un corpo centrale che funge da ingresso monumentale, e simmetricamente da due fronti laterali con due ali di fiancheggiamento. Tutti i locali sono “alla prova”, cioè alla prova di bomba, in quanto lo strato di terreno (variabile da circa 1,50 m. fino a circa 3 metri nel corpo centrale per raggiungere i 4 metri nei corpi laterali) posto in copertura garantiva la sicurezza dei locali sottostanti del forte in caso di bombardamento delle artiglierie avversarie.
Dalle ali laterali, del Fronte di Gola, partono due gallerie che collegano dall’interno del terrapieno, sia i vani scala di accesso alle postazioni in barbetta sia le due caponiere simmetricamente poste ai lati di quella centrale. I ricoveri, locali destinati a deposito o a ricovero delle truppe in caso di necessità, si affacciano verso il cortile interno (piazza d’armi).
La Liguria celebra domenica 24 settembre, il fascino dell’Ottocento e del Novecento nel quartiere di Genova Nervi, con una passeggiata lungo il mare di Nervi intitolata a Anita Garibaldi e la visita alla Galleria Wolfsoniana. E’ una galleria d’arte moderna parte del polo museale del levante di Genova con una collezione creata dal filantropo statunitense Mitchell “Micky” Wolfson Jr e donata da lui a Genova, focalizzata in particolare sulle arti decorative e di propaganda del periodo 1880 – 1950.
Sono in preparazione altri due itinerari: il Comune di Recco e le sue eccellenze, la chiesa di San Siro di Struppa. Il fascino austero della architettura romanica che rivive in questa chiesa, già antica pieve, situata in zona collinare appartenente all’ultimo quartiere della Valbisagno, sarà approfondito con aspetti storici e visita alla struttura.
In Lombardia due passeggiate guidate incentrate sulle mura veneziane di Bergamo (domenica 24 settembre ore 10-13) e sul castello di Brescia (domenica 24 settembre ore 14.30-16.00): le attività disegnate dalla sezione lombarda dell’Istituto Italiano Castelli sono collegate a Bergamo Brescia Capitale della Cultura 2023: gli obiettivi principali sono la conoscenza partecipata, la valorizzazione di architetture e paesaggi che fanno parte integrante della storia delle due province interessate e la sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulla loro tutela.
Il castello di San Vigilio in Bergamo, ad onta della sua storia millenaria e dei molti studi, pone ancora quesiti sul suo divenire nel tempo. Sorto in età altomedievale, segue, con alterne vicende, la storia della città fino al XIX secolo.
La sua fase più interessante è quella veneta, quando Venezia nel Cinquecento riforma, amplia e aggiorna alla moderna la fortificazione. Con la caduta della Serenissima, perde valore, viene dismesso e infine privatizzato; nel 1957 l’amministrazione Comunale ne acquista la parte più significativa. Nel 2017 l’Unesco lo inserisce nell’ambito del Sito delle opere di difesa veneziane, entra così nell’elenco dei “Beni Culturali dell’Umanità”.
Il luogo merita oggi (in ragione anche della Capitale italiana della Cultura 2023) d’essere visitato, studiato, valorizzato: veramente conosciuto.
La passeggiata sopra e sotto le Mura veneziane ha lo scopo di mostrare alcuni aspetti poco conosciuti di un patrimonio ben noto per la sua grandiosità e imponenza. Costruita dalla Serenissima nella seconda metà del Cinquecento a estrema difesa dei confini occidentali, l’opera fortificata si pone a metà strada tra una fortezza vera e propria e una cinta muraria. Si erge a difesa della parte più antica della città, tagliando fuori i borghi che si erano sviluppati al suo esterno verso la pianura, incontrando non poche difficoltà per la conformazione orografica del terreno. La visita comincerà dall’orto botanico, insediato sul bastione più settentrionale della cortina, con la polveriera recentemente restaurata, proseguirà con la porta Sant’Alessandro e il suo vano superiore, cui seguirà un percorso ai piedi delle mura, dove sono visibili le modifiche apportate alla fine dell’Ottocento per realizzare il viale soprastante, fino a raggiungere la porta San Giacomo ai piedi della quale sono presenti degli orti in uso a una cooperativa sociale.
Il castello di Brescia è un’imponente struttura fortificata costruita sul colle Cidneo che domina la città. La posizione del primitivo insediamento difensivo romano, nato sulla sommità dell’altura, è stata ripresa dalla rocca comunale medievale, poi restaurata dai Visconti. Alla fine del XVI secolo i veneziani costruirono ad una quota più bassa una moderna cerchia bastionata, trasformando l’antica struttura fortificata viscontea in una vera e propria fortezza. Agli inizi del XX secolo l’area fu acquistata dal comune e adibita a parco pubblico con alcuni edifici adibiti a museo (Museo delle armi e Museo del Risorgimento). La forma e le funzioni del fortilizio sono state fortemente condizionate dalle caratteristiche geo-topografiche del colle e sono variate nel tempo. Le 2 visite-sopralluogo (ore 14.30 e ore 16.00) saranno un’occasione per riflettere sul valore identitario del luogo e sulla necessità di tutelarlo e valorizzarlo.
In Piemonte nella giornata di domenica 17 settembre è aperto alle visite guidate a piedi il Castello ed il borgo di Ormea (CN); per chi volesse dedicare tutto il weekend a questa regione la delegazione IIC Piemonte Val D’Aosta ha organizzato la visita di altri due castelli della Val Tanaro (Bagnasco e Nucetto rispettivamente il 15 e 16 settembre).
Il castello sorge, con le sue imponenti strutture, sul rilievo che domina il borgo di Ormea, compreso tra il torrente Armella e il fianco nord-ovest dell’abitato stesso, cui si accede risalendo un suggestivo pendio terrazzato. La prima citazione del complesso risale al 1291, epoca in cui apparteneva, insieme al territorio sottoposto alla sua giurisdizione, ai marchesi di Ceva. Dopo un lungo periodo di abbandono, l’amministrazione comunale ha avviato un progetto di conoscenza, messa in sicurezza e valorizzazione delle strutture superstiti. Il primo lotto di lavori si è concluso a dicembre 2022, con la predisposizione di un nuovo accesso e la realizzazione di un sistema di illuminazione. Il sottostante abitato di Ormea conserva, oltre al castello, numerose testimonianze della sua origine bassomedievale. Tra le altre, meritano un cenno la chiesa di San Martino, che incorpora una delle trecentesche porte di accesso al borgo e conserva affreschi del XV secolo, la cosiddetta casa del marchese, quattrocentesca, e i resti delle mura.
La visita al borgo ed al castello di Bagnasco è dedicata agli allievi della scuola secondaria di primo grado. A seguito di una breve introduzione in aula, gli studenti verranno accompagnati nel Borgo, dove sono presenti ancora memorie delle antiche fortificazioni, attualmente inglobate nel tessuto edilizio. Si raggiunge la Torre maestra, costeggiando le antiche mura fino a raggiungere il Castello Marchionale, memoria dell’antico Marchesato di Ceva.
La visita al Castello di Nucetto evidenzia i recenti interventi di restauro e consolidamento nella struttura originaria, seppur in stato di rudere. In abbinamento è prevista la visita all’adiacente Chiesa dei SS Cosma e Damiano che, anche se frutto di una riplasmazione barocca, mantiene memorie quattrocentesche negli apparati decorativi murali. Il sito è raggiungibile a piedi o tramite navetta in partenza dal sottostante piazzale del cimitero.
In Sardegna fari accesi sui ruderi del castello di Medusa a Samugheo (OR), costruito in quattro fasi tra l’età Tardoantica e l’Alto Medioevo con un archeotrekking e una conferenza. I ruderi sorgono su un alto e scosceso dirupo nel territorio di Samugheo, antico centro abitato del Mandrolisai. Il maniero domina dall’alto una grande ansa del rio Araxisi, comunicazione fluviale tra le Barbagie e la pianura del Campidano. Del castello permangono le possenti mura della corte centrale e di alcuni ambienti di vita, all’interno dei quali, in anni passati, gli scavi archeologici hanno riportato alla luce interessanti testimonianze di vita quotidiana.
Sabato 23 settembre alle ore 11 e alle ore 12 due turni di ArcheoTrekking guidato al Castello di Medusa a cura degli studenti del Convitto Nazionale “Vittorio Emanuele II” di Cagliari partecipanti al progetto PCTO, appartenenti alle classi V B del Liceo Classico e V E del Liceo Classico Europeo. Il punto di ritrovo sarà il Rifugio del Castello di Medusa, dotato di parcheggio.
Domenica 24 settembre la conferenza ‘Un monumento da vivere tra storia e natura. Il Castello di Samugheo e il suo territorio’ si tiene dalle ore 16:30 alle ore 19:00 presso il MURATS – Museo Unico Regionale dell’Arte Tessile Sarda, via Bologna, Samugheo (OR).
Due sono le provincie della Sicilia protagoniste con architetture in diverso stato di conservazione, destinazione e fruizione: Siracusa con il castello Reale di Noto e la Noto attuale, Messina con il castello Branciforti nel piccolo comune di Raccuja e con l’inaugurazione della mostra Venti Anni del Premio Nazionale di Laurea “Salvatore Boscarino” nel capoluogo di provincia.
Il castello reale di Noto apre alle visite domenica 17 settembre dalle 10.30 alle 13, dove sarà presente anche il sindaco di Noto Corrado Figura. Sorge nell’unico punto, un istmo, che congiunge il Monte Alveria, circondato da profonde cave, alle propaggini dell’altipiano ibleo che fu sempre fortificato. I resti attuali, consolidati di recente, sono le imponenti rovine che hanno resistito al terribile terremoto dell’11 gennaio 1693 che distrusse, non solo il castello reale ma, l’intera antica città di Noto. Il castello reale ed i resti della città attorno, sono considerati la Pompei medievale. Campagne di scavo periodiche ma brevi si susseguono: occorrerebbe una sistematica riscoperta della città antica a suo tempo ricchissima di architetture civili e religiose di grande pregio. La cortina delle imponenti mura dotate di numerose torri e di porte di ingresso alla città si rileva ancora in buona parte del tracciato.
Le valli sottostanti sono meravigliosi paradisi naturalistici, attraversati da romantici torrenti che creano laghetti e che in passato venivano utilizzati per attività come le concerie. Il sito, di proprietà comunale, sottoposto a vincolo secondo la L. 1089/1939, è oggetto di studio e attenta cura da parte di un’associazione locale denominata ISVNA (Istituto di Studi per la Valorizzazione di Noto Antica), presieduta dall’appassionato studioso e storico netino, Francesco Balsamo.
Dopo la mattinata al castello, la giornata di visita prosegue nel pomeriggio nella Noto attuale, giardino di pietra, capitale del barocco del Vallo di Noto, Patrimonio dell’Umanità Unesco dal 2002.
Il Castello Branciforti di Raccuja (ME) domina dall’alto il piccolo paese e si presenta come una casa fortezza medievale affiancato da due torri circolari delle quali una è ridotta alle sole fondamenta. Restaurato di recente dalla Soprintendenza, la fruizione è ora totale e verrà adibito a museo civico, archivio storico e biblioteca comunale: sarà aperto domenica 24 settembre e arricchito da una passeggiata patrimoniale che permette di scoprire itinerari sostenibili e poco noti in quanto unici del territorio siciliano, come: le tholos e la possibilità di immergersi nel XVI secolo attraverso la visita del castello localizzato in Val Demone. Le altre tappe del percorso: Università di Messina, Museo Regionale di Messina, Via Francigena.
Sabato 23 Settembre alle 10, inaugurazione della mostra delle tesi di laurea sull’architettura fortificata, premiate negli ultimi 20 anni con il Premio Salvatore Boscarino all’Università di Messina. Dopo l’inaugurazione, dalle 13 alle 13.30, visita e colazione presso il Circolo della Borsa, un luogo suggestivo che unisce storia e arte, fondato nel 1805 da mercanti stranieri e imprenditori dell’aristocrazia peloritana. E’ tra i più antichi club d’Europa ed il più antico circolo culturale della Sicilia. Nel salone principale si potrà ammirare il quadro del pittore messinese Giacomo Conti, “La danza delle ore o delle stagioni”.
Dalle 15.30 alle 16 ‘Seguendo il Caravaggio’ una passeggiata all’interno del Museo Regionale di Messina con la mostra aperta fino al 14 ottobre che offre al visitatore la possibilità di ammirare varie opere, ancora oggetto di studio, fra le quali le famose tele del Caravaggio conservate al Museo di Messina, La Decollazione del Battista e L’Adorazione dei pastori.
In Toscana protagonista Firenze sabato 16 settembre con una conferenza di studio al Lyceum Club Internazionale (Lungarno Guicciardini n. 17, ore 16.30): ‘Storia di un dominio e cronache di recenti restauri: la Fortezza da Basso a Firenze’ con intervento di Maurizio De Vita.
In Trentino Alto Adige sabato 23 settembre visita e conferenza al Castel Belasi Campodenno in Val di Non. Il castello si erge nella frazione di Segonzone, a poca distanza da Campodenno, documentato per la prima volta nel 1291, in posizione strategica rispetto alla viabilità antica. La sua fondazione è verosimilmente legata alla politica di affermazione della famiglia tirolese di Mainardo in Val di Non, a scapito dei conti di Flavon. Architettonicamente si riconoscono due fasi principali, la prima delle quali vide la realizzazione dell’impianto principale in due tempi ravvicinati: dapprima il mastio, di forma pentagonale, una struttura annessa (ora distrutta), il palazzo quadrangolare; successivamente la cinta muraria, anch’essa pentagonale, la cappella castrense, altri edifici residenziali. Nella seconda fase furono eseguiti perlopiù lavori di ristrutturazione della zona residenziale e il rifacimento/ampliamento del tratto di cinta sud-ovest con l’inserimento del rivellino e di due bertesche. I lavori terminarono probabilmente entro il 1562, data incisa su un affresco di uno degli edifici tardi. Il complesso venne poi ulteriormente ripreso e ampliato fino ad assumere le forme moderne, recuperate da un recente restauro dopo il lento degrado subito nel corso del Novecento.
Dalle 9:30 alle 11:30 conversazione sul tema della gestione culturale dei castelli da parte di fondazioni private con Alessandro Armani e Manuela Dalmeri che illustreranno due diverse esperienze sul ruolo delle fondazioni (F.A.I. e Fondazione CastelPergine Onlus) nella gestione e valorizzazione di due castelli in Trentino.
L’Umbria, che nel weekend di maggio ha proposto visite guidate al borgo fortificato di Monte del Lago con un grande successo di pubblico, propone una giornata di studio, sabato 23 settembre, sul borgo nella frazione di San Feliciano presso il Museo della Pesca del lago Trasimeno.
Numerosi sono gli incantevoli centri abitati che si affacciano alle acque del lago Trasimeno, tra questi, adagiato su un promontorio che domina l’intero bacino lacustre vi è un caratteristico ed originale borgo fortificato: Monte del Lago. Questo antico insediamento ancor oggi conserva l’impianto urbanistico medievale, caratterizzato da una ripida gradinata che taglia idealmente il paese in due parti; a questa via principale afferiscono vicoli stretti e contorti, tra loro paralleli, a lato dei quali sorgono, una stretta all’altra, le case dei pescatori. Non mancano tuttavia alcune dimore gentilizie appartenute a nobili casate perugine, tra le quali spicca quella della famiglia Pompilij, dove la poetessa Vittoria Aganoor Pompilij compose delicatissimi versi, e Villa Palombaro Schnabl Rossi, residenza liberty appartenuta al musicologo Riccardo Schnabl Rossi che più volte ospitò l’amico Giacomo Puccini. Oggi la punta di diamante dell’economia di Monte del Lago è soprattutto il turismo; l’amenità del luogo, il silenzio, il fascino dei tramonti attraggono viaggiatori italiani e stranieri. Ogni anno agli inizi di settembre si tiene a Monte del Lago una manifestazione culturale che è tra le più attese e partecipate dell’area lacustre, il Festival delle Corrispondenze. Numerosi gli itinerari culturali collaterali proposti dai volontari in questa regione.
In Veneto, protagonista il sistema bastionato di Treviso di proprietà sia pubblica che privata con un convegno e visite guidate gratuite su prenotazione. Risalente alla prima metà del ‘500, è il sistema difensivo realizzato dalla Serenissima Repubblica di Venezia in risposta alla costituzione della Lega di Cambrai il 10 dicembre 1508; progetto di fra Giovanni Giocondo da Verona e Bartolomeo D’Alviano con coinvolgimento di Michele Sanmicheli. Sabato 23 settembre 2023 il convegno ‘Le strutture fortificate nell’evoluzione delle città venete’ si terrà dalle 09,30-13,30 e dalle 15,00-18,00 presso l’auditorium della Fondazione Benetton Studi e Ricerche (via Cornarotta n° 7 a Treviso) .e domenica 24 settembre visite in loco dalle ore 10,00 alle 13,00 e dalle 15,00 alle 18,00. Il monumento, che ha da poco compiuto 500 anni ha già subito nell’ultimo secolo una serie di trasformazioni che ne hanno modificato profondamente l’identità architettonica. I soli vincoli delle porte urbane e il vincolo paesaggistico non consentono un’adeguata tutela del sistema bastionato di Treviso.
Il sistema bastionato della città di Treviso cela anche percorsi sotterranei con casematte e cannoniere tuttora visitabili.
Il percorso guidato proposto lungo il sistema bastionato di Treviso inizia dal torrione di Santa Sofia, un luogo rimasto per troppo tempo sconosciuto e dal fascino misterioso che venne distrutto da un ordigno durante il bombardamento del 14 maggio 1944, ma i cui ambienti sotterranei originari si sono conservati intatti sotto il terrapieno fino ai giorni nostri. La visita prosegue fino al bastione di San Tomaso, situato ad est della porta omonima, all’interno del quale è possibile visitare le antiche cannoniere che nel 1500 ospitavano le postazioni di artiglieria a difesa del lato est della cortina muraria, verso S. Sofia, e a difesa di uno dei tre ingressi alla città, Porta San Tomaso. Nel secolo scorso, durante la prima e la seconda guerra mondiale, furono utilizzate come rifugio antiaereo come testimoniato dalla presenza di un cunicolo lungo circa 6,00 m scavato nello spessore della muratura del torrione. Il percorso prevede una visita alla struttura sotterranea ad uso militare ricavata alla base di porta San Tomaso, per poi proseguire lungo i percorsi d’acqua impostati dal famoso progettista di fortificazioni alla moderna, fra’ Giocondo da Verona, il quale sfruttò anche a scopo difensivo l’abbondante portata dei fiumi diretti verso il nucleo cittadino.
Il convegno nasce dall’alleanza tra le associazioni riunite per la tutela e valorizzazione del sistema bastionato trevigiano cementatasi nel giugno del 2019, con lo scopo di istituire un vincolo monumentale per la cerchia fortificata rinascimentale, purtroppo minacciata da progetti edilizi e di parcheggi sotterranei previsti nella fossa esterna e sopra i bastioni della fortezza. L’alleanza di associazioni ha realizzato un corposo dossier di analisi dell’intero sedime dei vari elementi che compongono il complesso sistema difensivo voluto dai veneziani, come il terrapieno interno, la cortina muraria, i bastioni, le strutture difensive sotterranee, il sistema idraulico della fossa e il muro di controscarpa esterno, promuovendo anche un breve filmato diffuso a tutta la cittadinanza, al fine di diffondere la consapevolezza sull’importante patrimonio storico- architettonico rappresentato dal principale monumento di Treviso.
Tra i relatori, in ordine di apparizione, oltre a cittadini e associazioni che parleranno delle altre esperienze di valorizzazione delle cinte murarie presenti in altre città venete: Luigi Latini, direttore della Fondazione Benetton, Mario Conte, Sindaco di Treviso, Luisella Pavan-Woolfe, Ambasciatrice-già direttrice ufficio di Venezia del Consiglio d’Europa; Paola Crucianelli, Simone Piaser, Mario Gemin, Alleanza delle Associazioni per la tutela del sistema bastionale di Treviso; Fiorenzo Meneghelli, vice-presidente Istituto Italiano Castelli e presidente sezione Veneto; Vincenzo Tine, Soprintendente (area metropolitana di Venezia e le province di Belluno, Padova e Treviso), Sandro Zampese, Assessore ai Lavori Pubblici di Treviso, Gianantonio Da Re, europalamentare Commissione Cultura, on. Marina Marchetto Alibrandi promotrice della risoluzione per la tutela del sistema bastionato di Treviso; Barbara Bissoli vicesindaco di Verona, Andrea Micalizzi vicesindaco di Padova, Stefano Mondini Presidente Fondazione Forte Marghera, comune Venezia.
Sabato 23 e domenica 24 settembre sarà possibile visitare anche il Castello di San Martino a Vittorio Veneto (TV), di proprietà della Diocesi. La visita del castello, a cura dell’architetto Marco Merello, permette di poter esplorare i giardini, le cappelle e la sala degli stemmi, con gli stemmi dei signorotti e dei vescovi e gli affreschi cinquecenteschi del soffitto.
Il castello di San Martino, oltre ad essere ancora la residenza del vescovo di Vittorio Veneto, ospita molti appuntamenti della diocesi vittoriese e rappresenta un punto di riferimento importante per la spiritualità e per l’arte di quest’area dell’Alta Marca Trevigiana.
A colpire il visitatore è in particolare il residuo di un grande torrione che domina il nucleo storico di Ceneda. L’artista Antonio Romagno nel 1403 così ne descriveva la vista: “Da quassù, entro il recinto del tuo Castello di San Martino, vedo saltellare le agili caprette, ed aggirarsi i variopinti pavoni. Allargando poi lo sguardo, ecco vallicelle sparse di viti e di olivi e distese di prati e campi di messi. E qui presso sul declivio del colle, una fonte garrula il cui limpido specchio pare attendere la dea ed il corteggio delle sue ninfe.”
Le attività previste in Friuli Venezia Giulia e Campania – rispettivamente ai giardini e alle serre del Castello di Miramare e al Castel dell’Ovo – sono rimandate alle prossime edizioni delle Giornate Nazionali dei Castelli a causa di imprevisti lavori di ripristino e restauro che rendono le strutture inaccessibili al pubblico.
– – –
Giornate Nazionali dei Castelli, XXIV edizione, dal 16 al 24 settembre 2022 (con le Giornate Europee del Patrimonio)
visite guidate gratuite o a pagamento, conversazioni, convegni e conferenze, formazione professionale, premio di laurea, mostre e presentazioni, presentazioni di libri, trekking e altre attività di visita, corteo auto storiche, passeggiate patrimoniali
Organizzatore: Istituto Italiano Castelli Onlus (IIC)
Regioni coinvolte: 19 a maggio, 12 a settembre
hashtag: #giornatenazionalideicastelli2023
Sito web: https://www.istitutoitalianocastelli.it
FB: https://www.facebook.com/IstitutoItalianodeiCastelli/
IG: https://www.instagram.com/istituto_italiano_dei_castelli/
Premio di Laurea
sull’Architettura Fortificata
Istituito dall’Istituto Italiano Castelli negli anni ’90, il Premio di Laurea sull’Architettura Fortificata giunge nell’anno 2023 alla XXVI edizione
Rassegna Stampa